venerdì 1 ottobre 2010

ISTAT: OLTRE 9 MILIONI FUORI DALL'ISTRUZIONE
OLTRE 2 MILIONI HANNO UN'ETÀ TRA I 15 E I 24 ANNI.

 - Oltre 9 milioni di giovani, eta' compresa tra i 15 e i 34 anni, nel secondo trimestre del 2009 erano fuori dall'istruzione. Lo afferma l'Istat. Per la precisione 9.320.000.
In particolare, 2.205.000 unita' (23,7% del totale) presentano un'eta' compresa tra 15 e 24 anni, 7.115.000 (76,3% del totale) fanno parte del gruppo dei 25-34enni.
I giovani fino a 24 anni, in maggioranza uomini, sono in possesso al piu' della licenza media nel 43% dei casi e del diploma, soprattutto con indirizzo tecnico-professionale, nel 53%. Quelli tra i 25 e i 34 anni, equidistribuiti per genere, sono in prevalenza diplomati, ma vantano comunque, in circa un quinto dei casi, un titolo di studio terziario (laurea o specializzazione). Tra i 15-34enni non piu' in istruzione quattro giovani uomini ogni dieci hanno al piu' la licenza di scuola media inferiore e circa uno ogni dieci ha un titolo di studio elevato; tra le donne tre ogni dieci hanno un basso livello di istruzione, mentre quasi il 20% del totale possiede una laurea.
Il maggiore livello d'istruzione delle giovani donne e', peraltro, un fenomeno diffuso sull'insieme del territorio nazionale.
Nel Mezzogiorno una quota significativa di giovani si presenta nel mercato del lavoro con al piu' la licenza media; nel Centro-nord e' prevalente la quota dei giovani con il diploma di scuola secondaria superiore. Guardando al livello di istruzione dei genitori, anche per quella parte dei giovani tra i 15 e i 34 anni che non vive nella famiglia di origine, e' possibile avere traccia dell'influenza del background familiare sul livello di istruzione raggiunto dai giovani.
Appartenere ad una famiglia con i genitori che hanno un basso livello di istruzione aumenta il rischio di concludere gli studi con la licenza media e riduce la probabilita' di raggiungere un titolo universitario. Ai genitori in possesso al piu' della licenza media si associa, difatti, circa la meta' del gruppo dei giovani con il titolo di studio piu' basso e meno di uno ogni dieci con la laurea. Con almeno un genitore diplomato, il 61% dei giovani che escono dal sistema educativo hanno il diploma di scuola secondaria di secondo grado, il 23% il titolo universitario.
Nel caso in cui il background familiare sia rappresentato da almeno un genitore laureato, il conseguimento di un analogo titolo di studio interessa circa il 57% dei giovani. In generale, l'influenza del background familiare e' minore nel caso delle donne; infatti, nelle famiglie dove i genitori hanno un livello di istruzione medio-basso, la quota di donne che raggiunge la laurea e' all'incirca doppia rispetto a quella degli uomini (rispettivamente 16 e 8,6%).
Notiziario Minori, 1 ottobre 2010
SÌ ALLA LEGGE SULLA DISLESSIA: SCUOLA IN CAMPO
PREVISTE DIDATTICA AD HOC E FORMAZIONE DEI PROFESSORI

- Il Parlamento ha detto il si' definitivo alla legge sui disturbi specifici dell'apprendimento. Ovvero dislessia, discalculia e disgrafia.
Fino ad oggi le scuole non erano obbligate ad intervenire anche se un alunno manifestava questi problemi. Tutto era a carico dei genitori. Adesso la scuola diventa parte integrante della diagnosi e della cura di questi disturbi. Il si' finale, dopo un lungo iter, e' arrivato in commissione Cultura al Senato, riunita in sede deliberante. Il presidente della commissione, Guido Possa, parla di "importante modernizzazione della nostra scuola in ogni ordine e grado. A soffrire di queste difficolta' di apprendimento si stima sia in Italia non meno del 3-5% dell'intera popolazione scolastica".
La legge prevede didattica personalizzata, l'uso di strumenti compensativi (personal computer, calcolatore), nonche' facilitazioni specifiche per gli esami anche universitari e per lo studio delle lingue straniere. I genitori di alunni della scuola primaria con tali disturbi, la cui diagnosi e' riservata al Servizio sanitario nazionale, potranno usufruire di permessi di orario flessibile sul lavoro per assistere meglio i loro figli nelle attivita' scolastiche. La legge prevede infine una specifica formazione per i docenti, per il riconoscimento tempestivo di queste patologie e per l'applicazione di didattiche riabilitative.
"VITTORIA DOPO UNA LUNGA BATTAGLIA" - "Sono soddisfatta, anche come genitore, perche' questa legge riconosce finalmente dopo tante battaglie l'esistenza della dislessia e di altri disturbi specifici di apprendimento stimolando la scuola a individuarli precocemente e definendo i luoghi del percorso diagnostico e didattico". Rosabianca Leo, presidente dell'Associazione italiana dislessia (Aid), accoglie con gioia la notizia dell'approvazione definitiva della legge sulla dislessia, oggi al Senato. La legge, per cui sara' previsto un finanziamento di 2 milioni di euro complessivi per gli anni 2010-2011, sancisce il diritto a usufruire dei provvedimenti compensativi e dispensativi lungo tutto il percorso scolastico compresa l'universita' e assicura la preparazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici. Per le famiglie sara' inoltre garantita la possibilita' di usufruire di orari di lavoro flessibili. Inoltre, qualora non sia disponibile effettuare diagnosi presso le strutture del Servizio sanitario nazionale, la legge da' la possibilita' di effettuarle presso strutture accreditate.
"Stiamo gia' lavorando con il ministero dell'Istruzione, di cui abbiamo apprezzato la volonta' di affrontare il problema, in merito alle linee guida sulla legge. Certo e'- prosegue Leo- che siamo solo all'inizio di un percorso che dovra' essere avviato con le scuole, soprattutto sul tema della formazione dei dirigenti scolastici e le strutture del Servizio sanitario nazionale". Il testo "e' certamente un salto di qualita' rispetto al passato ma va migliorato sia sotto l'aspetto della valutazione sulla sua effettiva applicazione sia per esempio con l'inserimento di sanzioni per chi non rispetta la normativa.
Siamo consapevoli, come associazione, che le cose non si cambiano in poco tempo ma l'approvazione di oggi ci conferisce piu' forza per migliorare il testo e per tutelare meglio i diritti delle persone con disturbi di dislessia. Infine, un ringraziamento va a tutti i senatori e i deputati che in questi anni si sono impegnati per far approvare la legge. Desidero poi anche ringraziare la Fondazione Telecom Italia, partner della nostra associazione, per la collaborazione che ci ha assicurato nel portare avanti importanti iniziative di formazione, informazione e supporto agli studenti anche in assenza di questa norma.
Progetti sui quali Fondazione Telecom Italia investe 1,5 milioni di euro e che da domani potranno ulteriormente svilupparsi in tutto il Paese a sostegno dell'attivita' didattica istituzionale", chiude la presidente dell'Aid.
Notiziario Minori, 1 ottobre 2010
PSICOFARMACI,
"STOP AUTORIZZAZIONE CENTRI IPERATTIVITÀ"
DENUNCIA 'GIÙ LE MANI DAI BAMBINI',
INTERROGAZIONE UDC A FAZIO 

- Psicofarmaci troppo facili per bambini iperattivi, o presunti tali. Una pratica che punta a nascondere i rischi per i piccoli pazienti e che porta gli onorevoli dell'Udc Paola Binetti, Antonio De Poli e Nunzio Testa a depositare un'interrogazione parlamentare nella quale chiedono al ministro della Salute, Fazio, piu' controlli e l'eventuale chiusura di quei centri autorizzati al trattamento dell'Adhd (la sindrome da iperattivita' e deficit dell'attenzione) e che operano appunto senza il rispetto ferreo delle regole. I parlamentari hanno preso le mosse dalla vicenda - resa nota dalle registrazioni audio recentemente pubblicate da "Giu' le mani dai bambini", il piu' rappresentativo comitato di farmacovigilanza pediatrica in Italia - degli psicofarmaci somministrati ai bambini senza il consenso informato dei genitori, minimizzando gli effetti collaterali e promettendo "effetti eccezionali e a rischio zero". A convincerli le registrazioni delle interviste alla mamma di Napoli e alla psicologa di Milano che rispettivamente hanno contattato 'Giu' le mani dai bambini', denunciando palesi violazioni ai protocolli ministeriali di tutela dei piccoli pazienti.
"E' assolutamente vietato- afferma Binetti- l'utilizzo di queste discusse molecole psicoattive senza il consenso informato dei genitori, ai quali occorre comunicare obbligatoriamente e con la massima chiarezza tutti gli effetti collaterali potenziali.
Ciononostante, risulta che non sempre i protocolli descritti vengono applicati con il necessario rigore: in alcuni centri la prassi abituale rivela infatti la massima trascuratezza, come risulta da recenti registrazioni audio di interviste spontaneamente rilasciate dalle famiglie interessate e pubblicate on-line. Desideriamo quindi sapere quali iniziative urgenti ed immediate il ministro Fazio intende porre in essere per impedire il ripetersi di questi gravi illeciti perpetrati ai danni della salute dei bambini in cura, e se non ritenga necessario promuovere con sollecitudine iniziative per rafforzare i controlli e per sospendere le autorizzazioni a quelle strutture incapaci di tutelare il livello minimo di sicurezza per la somministrazione di queste molecole".
A seguito della denuncia di 'Giu' le mani dai bambini', l'Istituto superiore di sanita' ha sollecitamente avviato una procedura di verifica, i cui risultati non sono ancora stati resi noti. Sul punto interviene anche Luca Poma, giornalista e portavoce nazionale di Giu' le mani dai bambini: "Ci sono ancora verifiche in corso, ma le registrazioni parlano da sole. Per il caso campano, alle prime indagini risulterebbero dei fogli firmati dalla mamma di Napoli. Peccato che il consenso debba essere -per legge- 'informato': le autorita' sanitarie ritengono di aver svolto il proprio servizio di tutela facendo firmare alla famiglia un modulo in bianco in mezzo a molti altri, senza spiegare nulla, senza evidenziare i potenziali effetti collaterali, senza sottoporre alla famiglia i possibili percorsi terapeutici alternativi? Se l'idea di informazione e sensibilizzazione che hanno le strutture sul territorio e' quella di un mero adempimento burocratico, non ci siamo: qui e' un gioco la salute dei bambini".
Inoltre, prosegue Poma, "questo caso sta portando alla luce altre anomalie, centri che a detta di operatori sociali sul territorio paiono non in grado di garantire proposte alternative allo psicofarmaco per la cura dell'iperattivita', con il risultato che la scelta delle famiglie non e' affatto consapevole, ma obbligata: alle famiglie a volte viene detto 'noi possiamo garantire solo il farmaco'. Questo e' inaccettabile, il ministro deve avviare un'indagine: i cittadini devono sapere dove le terapie non farmacologiche - garantite dalla legge - sono erogate, e quali Centri invece applicano le norme del Ministero solo sulla carta. Per far questo, e' necessario anche conteggiare le ore di terapia non farmacologica erogate: l'Iss- chiude il portavoce di Giu' le mani dai bambini- deve includere questi dati nel proprio monitoraggio, e i dati devono essere resi pubblici".
Notiziario Minori, 1 ottobre 2010