sabato 21 febbraio 2015


BIMBI RABBIOSI, TRE INCONTRI
 A BOLOGNA PER CAPIRE
STRATEGIE PER AFFRONTARE UN DISAGIO CHE È SEMPRE PIÙ DIFFUSO
 Giochi scagliati a terra con violenza, o a volte distrutti. Ma anche urla, gesti aggressivi e corse forsennate senza una meta. È quello che fanno i bambini quando sono arrabbiati, ma non sempre è rabbia e basta. E non sempre la cosa si può liquidare con una punizione, perchè molto spesso dietro queste manifestazioni di violenza e aggressività si nasconde un problema più grande, per esempio di origine traumatica, su cui c'è bisogno di lavorare. Lo sa bene Francesca Broccoli, psicologa e psicoterapeuta bolognese, che ha deciso di organizzare tre incontri a Bologna per aiutare i genitori a capire i segnali di un disagio che è sempre più presente tra i bambini, piccoli e piccolissimi.
"Negli ultimi due anni ho avuto in terapia molti casi di questo tipo, con bambini dai tre-quattro anni fino agli 11-12 che presentavano forti scoppi di rabbia, spaccavano le cose o si dimostravano aggressivi verso cose e persone, e questa cosa si ripeteva", spiega Broccoli. "I genitori venivano a chiedermi aiuto, spesso inviati dai pediatri, e lavorando con loro è venuto fuori che spesso dietro la rabbia dei bambini c'era un lutto, una separazione, o anche la paura dell'abbandono- prosegue la psicologa- perchè la rabbia è solo un contenitore, attraverso il quale i bambini comunicano paura, ansia o un momento di angoscia. La cosa importante è capire cosa ci vuole comunicare il bambino, non punirlo e basta".
É stato proprio il numero di casi registrati a spingere Broccoli a organizzare tre incontri pubblici, il primo questo sabato pomeriggio, per parlare di questo problema e aiutare i genitori ad affrontarlo. "La rabbia dei bambini cosa ci dice? Cosa possiamo farci?", è il titolo del ciclo. "Spesso i genitori sono i primi a trovarsi in grande difficoltà di fronte a queste manifestazioni, ho pensato fosse utile dare qualche spunto per gestire queste situazioni", dice la psicologa. Tra i casi trattati negli ultimi due anni, c'è quello di un bambino di nove anni che aveva forti crisi di rabbia, sbatteva per terra i giochi, correva a perdifiato per tutta la casa e poi si buttava con violenza contro i cuscini o contro la mamma. Dietro tutto questo c'era la difficoltà a elaborare il lutto per la morte del papà, avvenuta anni prima, che il bimbo aveva cercato di superare mostrando di essere un 'duro'.
Un altro caso affrontato da Broccoli riguardava una bambina di tre anni che manifestava profondi scoppi d'ira: la terapia ha fatto emergere che la sua era una reazione ai tanti litigi a cui aveva assistito in famiglia. Per il primo incontro, della durata di un'ora e mezza circa, l'appuntamento è il 21 febbraio alle 16 in via San Giuliano 15/b, nella sede dell'associazione Klaria.
Gli altri sono fissati il 9 marzo (alle 20.30) e il 21 marzo alle 16. Per informazioni telefonare al 3488521010 o scrivere a f.broccoli@alice.it.
Notiziario Minori, 21 febbraio 2015.

LE FERITE DELL'INFANZIA:
DAI TRAUMI A DEPRESSIONE
CIOFFI: "AFFRONTARLI CON PSICOTERAPIA SPECIFICA PER L'ETÀ"
'Le ferite dell'infanzia. Esprimerle, comprenderle, superarle', è il libro scritto dalla psicoanalista francese Nicole Fabre "che parla di traumi e microtraumi vissuti in età evolutiva e da affrontare con un trattamento psicoterapeutico adeguato all'età del minore". Lo spiega all'Agenzia di stampa Dire Carla Cioffi, neuropsichiatra infantile di Roma, che ha curato la prefazione del testo pubblicato dalla casa editrice Magi Edizioni.
COSA SI INTENDE PER FERITE DELL'INFANZIA? "Si tratta di eventi traumatici avvenuti in età evolutiva che possono essere piccoli traumi che si ripetono nel tempo o grandi traumi- precisa la neuropsichiatra- i grandi traumi, ad esempio, possono essere quelli che i bambini vivono in situazioni estreme come quelle di guerra. Minori non sufficientemente protetti e contenuti dalle loro figure genitoriali, che si trovano ad affrontare circostanze psicologicamente e materialmente traumatiche ad un'età in cui 'l'Io' non è ancora ben strutturato e definito. Per reagire- afferma il medico- spesso vengono attivati nella psiche del bambino dei meccanismi di difesa importanti, meccanismi che al momento sono in grado di sostenerli e di salvarli da gravi reazioni psicologiche, ma nel tempo queste difese spesso si strutturano in rigidità del carattere fino a diventare delle vere e proprie patologie". Sono tante le situazioni traumatiche: "Un ulteriore esempio può essere il conflitto tra genitori e/o la loro separazione, quando il bambino oltre ad assistere al crollo del suo nucleo familiare si trova a dover decidere con chi schierarsi e da quale parte stare. Altre grandi cause di ferite dell'infanzia riguardano gli abusi sul bambino che possono essere di molti tipi, sia fisici che psicologici, sia diretti che assistiti.
Naturalmente stiamo parlando dei grandi traumi- precisa il medico- ma anche quelli piccoli, soprattutto se ripetuti nel tempo, possono ostacolare la crescita e compromettere la formazione di una personalità sufficientemente robusta e strutturata da un punto di vista psicologico".
CHE CONSEGUENZE POSSONO AVERE QUESTI TRAUMI NEI MINORI? "Possono causare una profonda depressione, disturbi alimentari, disturbi del comportamento o ancora disturbi nei fisiologici meccanismi di separazione. In quest'ultimo caso- approfondisce Cioffi- il bambino, che crescendo deve iniziare a separarsi dalle figure di riferimento, tollera malissimo il distacco dal caregiver (in genere la madre, ma non solo) e viene invaso da un'autentica angoscia. Eppure- ricorda l'esperta- la separazione è importante e deve esserci altrimenti il minore non si costruisce come individuo. Una sintomatologia sostenuta dall'angoscia di separazione è la fobia scolare, questa patologia solitamente esordisce soprattutto in prima o seconda media, anche se alcune avvisaglie sono visibili già alle elementari".
QUALI SONO LE GRANDI PATOLOGIE? "Sono le depressioni maggiori e i disturbi psicotici", precisa il medico. SI PARLA TANTO DELLA SINDROME DA DEFICIT DI ATTENZIONE ED IPERATTIVITA' (ADHD), PERCHÉ? "In questo modo spesso viene omologato un bambino ipercinetico, iperattivo, anche se poi spesso non lo è. Secondo me- ripete Cioffi- spesso si tratta di un disturbo iperansioso". Una differenza di vedute che indica "uno scollamento tra come viene catalogato un minore 'iperattivo' nella cultura nordamericana molto condizionata dall'intervento psicofarmacologico anche in età pediatrica e in quella europea, soprattutto italiana. Noi siamo portati a considerarli bambini condizionati da problematiche psicologiche spesso di tipo familiare". COM'È LA DEPRESSIONE NEL BAMBINO? "La depressione nel bambino è diversa da quello dell'adulto. 'I grandi' hanno un tono dell'umore basso e sono ripiegati su se stessi, 'i piccoli' spesso non riescono a stare fermi, a concentrarsi e vanno male a scuola".
COME AFFRONTARE LA DEPRESSIONE NEL BAMBINO? "Con la psicoterapia, l'approccio da utilizzare dipende dall'età. Nella fase prescolare si utilizza principalmente la psicomotricità, la terapia di gioco, il disegno, la pittura e tutti quei trattamenti specifici per l'età evolutiva. In età scolare s'incomincia ad usare anche il linguaggio" in genere però "usare la parola per esprimere le proprie difficoltà è di per sé molto angoscioso e un bambino traumatizzato- chiarisce la neuropsichiatra infantile- si esprime in modo più sereno attraverso il gioco". Una terapia utilizzata è la Sandplay therapy, "una pratica nata negli anni '50 come approccio terapeutico junghiano. Creato appositamente per i bambini e utilizzato dalla prima età scolare in poi, riscuote ottimi risultati anche con gli adulti. Le terapie in età evolutiva comunque possono essere varie, ma quella esclusivamente verbale arriva in genere nel periodo adolescenziale quando il ragazzo ha una capacità simbolica più evoluta. Con i piccoli- conclude Cioffi- si utilizza per lo più il gioco, perché il giocattolo diventa un tramite alla capacità simbolica".
                                                                                            
Notiziario Minori, 21 febbraio 2015

domenica 15 febbraio 2015



MOIGE: 9 SU 10 'NAVIGANO'
MA POCHI CONTROLLI
Sono 9 su 10 i ragazzi che navigano abitualmente su Internet. Di questi, 1 su 5 ha dichiarato di restare connesso oltre 3 ore al giorno. Questi sono solo alcuni dei dati illustrati in occasione della presentazione dell'indagine 'Per un web sicuro' a cura del Moige e della Polizia postale e delle Comunicazioni in collaborazione con Trend micro, Google, Hp, Vodafone e Cisco. La campagna, giunta alla quarta edizione e presentata al dipartimento della Pubblica sicurezza a Roma, ha messo in evidenza un uso costante ma non sempre consapevole del web da parte dei minori. Il più delle volte alla mancata consapevolezza corrisponde infatti un insufficiente controllo da parte dei genitori. Il 32% dei ragazzi con un computer a casa, infatti, ha la possibilità di connettersi dalla propria stanza. Un'abitudine diffusa soprattutto tra gli 11 e i 13 anni (39%). Sei intervistati su 10 dichiarano inoltre, di navigare in Internet da soli. Pochi i giovani che si connettono per studiare: appena 1 su 7. Il 24% usa la rete invece per chattare; il 22% scarica e ascolta musica; il 18% gioca o guarda immagini. La socializzazione resta il principale motore che spinge all'uso del web. Il 30% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di intraprendere sempre o spesso nuove amicizie in Rete. A tutto ciò corrisponde, appunto, un controllo carente da parte dei genitori: quattro su 10 non danno alcun limite di tempo alla connessione dei figli e 1 su 4 sa poco o 'per niente' riguardo a cosa facciamo i figli in Rete. Altro fattore di rischio tra i giovani riguarda l'uso di identità fittizie. Un ragazzo su 3 afferma di non usare mai la propria identità in Rete o di farlo raramente. Un dato quest'ultimo perfettamente in linea con il 37% di coloro che confermano di aver fatto amicizia on line con sconosciuti. Sempre su questo tema, è altrettanto indicativo quel 19% che ha confessato di aver incontrato nella vita le persone conosciute sul web e quel 13% di ragazzi tra i 14 e i 20 anni che si sono esposti al fenomeno del 'sexting' (scambio di immagini o video 'intime') dando il proprio numero a estranei conosciuti in chat. Uno studente su 4 dichiara di aver ricevuto contenuti a sfondo sessuale (tendenza raddoppiata rispetto al 2011) e 6 su 10 si sono detti 'divertiti' nell'aver ricevuto o inviato foto 'hot', sottostimando la reale gravità del fenomeno. Infine, sempre secondo l'indagine, 6 adolescenti su 10 appartenenti a una fascia d'età tra i 14 ed i 20 anni, almeno una volta, hanno utilizzato foto o video per prendere in giro qualcuno (1 su 5 dichiara di farlo spesso).
"Prevenzione e formazione- ha detto Roberto Sgalla direttore centrale delle specialità della Polizia di Stato- sono gli strumenti più efficaci per far sì che i giovani imparino a navigare con prudenza in Internet e allo stesso tempo i genitori conoscano i mezzi a loro disposizione per proteggere i figli dai pericoli del web". Secondo la presidente nazionale del Moige, Maria Rita Munizzi, "La tutela dei minori on-line è un atto di responsabilità collettiva che deve essere condivisa da genitori, istituzioni e operatori. La lotta al cyberbullismo e all'adescamento virtuale non può prescindere dalla sinergia di queste forze e dall'educazione ad un uso consapevole della rete".
   Notiziario Minori, 15 febbraio 2015

domenica 1 febbraio 2015


 Sport sulla neve, ecco i consigli del Bambin Gesù
Sci ai piedi non prima dei 4 anni,
lezioni di gruppo e casco

Prevenire incidenti e traumi sulla neve è possibile, basta rispettare alcune regole basilari: visite specialistiche solo se agonisti, sci ai piedi non prima dei quattro anni, utilizzare il casco e frequentare lezioni di gruppo. Sono i consigli degli esperti dell'ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, per aiutare bambini e ragazzi a mantenere una sana condotta in pista. Poche indicazioni che, se osservate, "permetteranno a chi scia di non costituire un pericolo per sé e per gli altri".
Ecco nel dettaglio i consigli dei medici dell'ospedale della Santa Sede:
VISITE MEDICHE - "A differenza della pratica agonistica, che richiede gli accertamenti previsti dalla legge da parte di uno specialista in medicina dello Sport, andare in settimana bianca non comporta alcuna visita medica preventiva. E' comunque opportuno che prima di iniziare l'attività, il pediatra curante si accerti della buona salute del bambino e certifichi che possa svolgerla senza alcun rischio".
QUANDO INIZIARE - "A quattro anni si possono inforcare i primi sci, a otto si può salire sullo snowboard e dai dieci in poi è possibile praticare fondo. Una specialità, quest'ultima, che però suscita spesso scarso interesse nei bambini molto piccoli- precisano i medici- in quanto ritenuta più faticosa e meno 'socializzante'. In linea generale, è meglio scegliere lo sport in funzione della crescita e dello sviluppo motorio: se a quattro anni si può imparare a sciare su pendii non eccessivi, per lo snowboard è necessaria più coordinazione ed è quindi meglio attendere un'età maggiore. Soprattutto all'inizio, è molto importante apprendere la tecnica di base e scongiurare così cadute traumatiche che comportino conseguenze fisiche e psicologiche. È sempre meglio far frequentare al bambino una scuola di sci, possibilmente in gruppo, per favorire l'aspetto relazionale legato all'attività. Sconsigliato il genitore che si improvvisa maestro: quest'ultimo, infatti, a differenza del papà o della mamma è preparato e sa adeguarsi alla fascia d'età del bambino. È inoltre importante che i genitori condividano con i piccoli il momento dell'apprendimento, così da aiutarli a interiorizzare tutte quelle norme in materia di sicurezza nella pratica di questo sport".
PREPARARSI ALL'ATTIVITA' - La pratica dello sci "richiede una preparazione adeguata, oltre a una concentrazione intensa. Non sempre si scende su piste ampie, appena battute e con un'inclinazione minima. Molto spesso le condizioni di visibilità non sono ideali e si scia su neve farinosa con tratti ghiacciati. Meglio allora far precedere la vacanza da almeno quindici giorni di ginnastica presciistica- sottolineano i medici- allenandosi a sviluppare l'agilità e una migliore coordinazione nei movimenti. È molto importante abituarsi a mantenere l'equilibrio, perfezionare l'elasticità articolare e aumentare la capacità di resistenza praticando step, corsa o cyclette. L'allenamento di forza non è invece indicato ai ragazzi durante il periodo dell'accrescimento. Prima di scendere in pista- proseguono- è importante fare una colazione ricca di zuccheri e preparare i muscoli attraverso un'attività di riscaldamento e stretching di 4 o 5 minuti. Questi esercizi andranno poi ripetuti in caso di lunghe pause durante l'attività: in particolare dopo pranzo".
I TRAUMI PIU' FREQUENTI E COME EVITARLI - Negli sciatori si registra un numero "più elevato di traumi degli arti inferiori, mentre negli snowboarders prevalgono i traumi degli arti superiori. Per prevenirli, è importante adottare un abbigliamento idoneo, dotarsi degli accessori tecnici per la sicurezza come il casco protettivo e non lanciarsi su piste di difficoltà maggiori rispetto al grado di preparazione e all'esperienza maturata".
QUANTE ORE? - "Dipende dalla fascia di età- affermano i medici dell'ospedale della Santa Sede- alla lezione di sci, quando il bambino avrà acquisito la sicurezza e la competenza necessarie, si potranno aggiungere le discese con mamma e papà. Anche se i più piccoli mostrano notevole capacità di resistenza, non devono andare in pista se particolarmente stanchi. In queste condizioni, infatti, possono avere meno padronanza degli sci".
 IN CASO DI ASMA - Per il bambino affetto da asma è "preferibile lo sci di fondo, grazie alle sue caratteristiche di impegno di grandi masse muscolari e cura della coordinazione tra respiro e sforzo. Lo sci alpino prevede sforzi di durata non prolungata e presenta un basso rischio di provocare asma da sforzo. Attenzione comunque all'aria fredda- precisano gli esperti- l'asma può incrementarsi a quote superiori ai 1.500 metri di altezza. Bene lo spray al saIbutamolo (un broncodilatatore). Una volta apprese le tecniche di inalazione, se utilizzato mezz'ora prima dell'attività, provvederà a contenere i sintomi".
ATTENZIONE AGLI OCCHI - Sulle piste è "necessario proteggere gli occhi dei bambini dai raggi ultravioletti A e B. È raccomandabile quindi l'uso degli occhiali da sole con filtri protettivi per raggi UVA e UVB. Le lenti devono essere progettate nel pieno rispetto dei requisiti di sicurezza stabiliti dalla direttiva comunitaria 89/686/CEE. Gli occhi vanno salvaguardati dall'azione lesiva dei raggi solari ed è quindi preferibile acquistare occhiali e mascherine da un ottico o da un rivenditore autorizzato. Obbligatorio- puntualizzano i medici- l'uso degli occhiali soprattutto per i bambini con congiuntivite allergica, in quanto più sensibili ai raggi".
NON TRASCURARE LA PELLE - L'esposizione al sole è "più rischiosa nei mesi invernali che in quelli estivi, perché l'alta quota riesce a filtrare meno i raggi ultravioletti del sole.
Consigliata l'applicazione, più volte al giorno, di una crema solare con adeguato fattore di protezione (SPF) a seconda del fototipo della pelle e anche dell'età del bambino. E' sempre preferibile un alto fattore di protezione, o protezione totale, sui punti più delicati del viso - intorno agli occhi, sul naso, sulle labbra - anche attraverso l'applicazione di creme in stick. Indossare accessori protettivi quali berretti o visiere. La presenza di nuvole non basta a fare da filtro- concludono i medici- in caso di cielo coperto è comunque opportuno mantenere tutte le misure per la protezione previste per le giornate serene".
Notiziario Minori, 01 febbraio 2015