domenica 20 dicembre 2015


TRE BIMBI SU 10 NON VEDONO DENTISTA
 PRIMA DEI 14 ANNI SIOI: NECESSARIO
POTENZIARE OFFERTA PUBBLICA
Trascuratezza in famiglia e risparmi forzati stanno influendo sul sorriso dei bambini. Per tre adolescenti su dieci, di fatto, il dentista è uno sconosciuto almeno fino ai 14 anni. Oltre il 75% dei bimbi tra i tre e i cinque anni non è mai stato dal dentista. Il 22% della popolazione con carie ha quattro anni, il 44% ha 12 anni e oltre l'80% ne ha 25. La foto sul ruolo del dentista per bambini in Italia è dell'Istat nel "Rapporto sulla salute dei denti degli italiani 2013" e fonte di un articolo de 'Il Messaggero'. "Negli ultimi cinque anni le carie in età pediatrica sono aumentate del 15%, un dato allarmante. E se l'Istat dice che tre italiani su dieci sono a rischio di povertà, diventa chiaro che le cure odontoiatriche sono sempre più inaccessibili a molti. A questa situazione dovrebbero rispondere anche le istituzioni con l'odontoiatria sociale. Potenziando l'offerta pubblica di cure dentali", afferma Raffaella Docimo, presidente della Società italiana di odontoiatria infantile (Sioi), che ha visto riuniti al Maxxi di Roma 900 tra odontoiatri, igienisti dentali, medici pediatri (italiani e stranieri) e studenti, per la due giorni del XVIII Congresso nazionale "L'odontoiatria infantile come esigenza medica e risorsa sociale".
Si tratta di un evento che ha coinvolto anche quaranta alunni di terza e quarta elementare della scuola Santa Maria ausiliatrice di Roma. Obiettivo: sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza delle terapie odontoiatriche dei bambini e far vivere ai più piccoli la prevenzione come un gioco. Un'équipe di odontoiatri e igienisti dentali ha accolto i bambini con palloncini, trucchi, teatro e una poltrona odontoiatrica a forma di dinosauro, per avvicinarli al dentista senza paura. Per questi motivi, la Società organizza le giornate della prevenzione come il "Baby dental day" e una collaborazione con Save the children: "Non è mai troppo presto per la prevenzione. Occorre iniziare già dal primo anno di vita del bambino- aggiunge Raffaella Docimo- Una volta l'anno, poi, consiglio di sottoporre i bambini a visite per controllare la salute delle gengive, prevenire l'erosione di denti e i disturbi dello smalto. Non è vero che sia inutile curare i denti da latte: al contrario, questi hanno una grande importanza per la crescita delle arcate dentarie, oltre che per la funzione masticatoria e per lo sviluppo del linguaggio".
La bocca dei bambini va lavata e pulita ancora prima che escano i denti, spiegano dalla Sioi, attenzione alle gengive.
Dopo ogni pasto si deve usare prima una garzina imbevuta di acqua poi lo spazzolino, anche senza il dentifricio. Ultimata la pulizia si può dare al bambino lo spazzolino per giocare. Prima dei quattro anni è necessario già usare il filo interdentale e bisogna lavarsi i denti almeno due-tre volte al giorno. Ci sono poi quattro regole da non dimenticare per evitare che i piccoli abbiano paura del dentista. Per cominciare, non si deve mai parlare male del dentista davanti ai bambini, non si deve usare la visita come punizione, ma nemmeno corrompere i bambini con i giocattoli. Infine, al piccolo bisogna presentare la prima visita come una nuova bella esperienza. Un capitolo a parte è quello relativo alle mascherine trasparenti per allineare i denti, che di fatto sostituiscono il tradizionale apparecchio. "E' una tecnica usata da anni con gli adulti- spiega Aldo Giancotti, odontoiatra del Fatebenefratelli Isola Tiberina- La novità è che queste fascette invisibili si possono utilizzare anche in età pediatrica, sin dai nove anni, con ottimi risultati. Non sono invasive e sono rimovibili ogni volta che ci si lavano i denti". "L'importante è usare un dentifricio al fluoro" conclude Giuseppe Marzo, segretario scientifico Sioi, ricordando che non si deve mai abusare dei dolci.
 Notiziario Minori, 20 dicembre 2015

domenica 6 dicembre 2015


PAIDÒSS: GENITORI NON TRASCURATE
LA VISTA DEI BIMBI ECCO
ALCUNI CAMPANELLI DI ALLARME
La vista va protetta, fin dal primo sguardo: lo hanno capito le mamme e i papà italiani sempre più desiderosi di informazioni riguardo alla salute degli occhi dei loro piccoli. Nella cura o nelle decisioni che riguardano la vista dei figli, infatti, oltre il 63% si rivolge al pediatra, anche se su alcuni punti c'è moltissimo da fare. Il 34% dei genitori, in presenza di secrezioni all'occhio, usa ancora acqua e camomilla o acido borico; se un occhio è storto il 20% aspetta che torni dritto spontaneamente; oltre il 10% pensa che il cosiddetto 'occhio pigro' sia una malattia che si cura con il collirio, contro il 56% che sa che è un difetto della vista e il 33% che lo reputa un problema di miopia. Ancora il 14% ritiene che con la miopia si veda bene da vicino e lontano, ma male alla sera e il 20% bene da lontano e male da vicino, o il 25% porterebbe il bambino alla visita oculistica quando ha imparato a leggere, mentre solo l'11% sa che va effettuata entro i tre anni ed il 62% ritiene che gli occhiali siano prescrivibili dall'oculista dall'inizio della prima elementare. Inoltre c'è ancora confusione circa alcuni disturbi che si possono accompagnare a un problema di vista, come mal di testa o occhi arrossati. Insomma, molti luoghi comuni devono ancora essere sconfitti con l'informazione e l'educazione. I dati emergono da una indagine inedita, condotta da Paidòss (Osservatorio nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza) fra 1.000 genitori, equamente distribuiti sul territorio, mediamente di cultura superiore, di oltre 1.100 bambini e adolescenti tra zero e 14 anni, intervistati lo scorso settembre con l'obiettivo di valutare quanto sanno in tema di vista 'giovane' e presentata nel corso dello United Scientific Group International Congress on Advances in Pediatrics a New York fino al 7 dicembre. "In linea generale- spiega Giuseppe Mele, presidente di Paidòss- i genitori vogliono sapere soprattutto cosa osservare prima che un piccolo difetto possa diventare qualche cosa di più importante. Ecco quindi i principali campanelli di allarme da osservare, facilmente riconoscibili. 1 - La testa del bimbo sempre reclinata da un lato mentre studia, oppure la testa che si avvicina molto al piano di lettura è segno di un comportamento di adattamento a una visione non perfetta; 2 - Le palpebre che si strizzano o gli occhi arrossati da un continuo sfregamento; 3 - il fastidio alla luce, ma anche un riflesso bianco attorno all'occhio rilevabile da una foto scattata in vacanza, sono 'manifestazioni visive' degne di attenzione e meritevoli di una visita pediatrica o specialistica. Per questo, Mele chiede sempre di mantenere una forte interazione tra genitori e figli. Perché 'guardare lontano' e indagare su problemi della quotidianità che possono insorgere a scuola, a casa o nel tempo libero, salva i bimbi da implicazioni e rischi alla vista evitabili". Ecco alcuni comportamenti assunti dal bambino o manifestazioni visive che i pediatri di Paidòss e della Simpe (Società italiana di medici pediatri) raccomandano ai genitori di osservare perché possono denunciare un problema alla vista. Occhi troppo grandi o troppo piccoli, una palpebra abbassata rispetto all'altra, l'iride irregolare nella forma o nel colore, scosse irregolari (nistagmo), un fastidio alla luce, occhi arrossati o che vengono strofinati spesso, sono meritevoli di attenzione, continua Paidòss. Se gli occhi del bambino non sembrano allineati, in asse o se un occhio è storto (strabismo), è bene rivolgersi al pediatra o all'oculista. Palpebre che si strizzano per vedere meglio da lontano (ad esempio quando guarda la televisione), o palpebre e ciglia frequentemente ricoperte di secrezione sono altri aspetti da non trascurare e dei quali parlare con il pediatra. Maggior attenzione va prestata a bimbi con familiarità per patologie oculari importati, come ad esempio genitori che hanno sofferto di strabismo o sono affetti da maculopatie. "Di norma- conclude il presidente- si tratta di problematiche che emergono nel corso dell'esame della vista effettuato dal pediatra durante le visite filtro. Tuttavia, nel caso questa indagine non fosse fatta, è bene sottoporre a una vista oculistica i piccoli entro i tre anni o, comunque, prima che inizino a frequentare le scuole primarie". Al genitore spetta anche indagare su altre questioni: ovvero se il bambino porta sempre gli occhiali secondo i tempi e i modi indicati dal medico. Se a scuola vede meno da un occhio rispetto all'altro, quale possibile segnale di un difetto visivo, come l'ipermetropia, la miopia e l'astigmatismo; se fa attenzione ad avere le mani pulite, specie se porta le lenti a contatto, quando si pulisce gli occhi. Se invece il bambino è molto piccolo, è bene evitare di dare giochi o oggetti piccoli e appuntiti, che potrebbero essere pericolosi, ma anche liquidi e sostanze irritanti o dannose per gli occhi. Infine se si hanno animali in casa, è bene assicurarsi che il bambino non si metta le dita negli occhi dopo averli toccati, conclude Paidòss.
 Notiziario Minori, 6 dicembre 2015

domenica 29 novembre 2015


MINISTERO: SONO 805.800 GLI ALUNNI
 NON ITALIANI IL 9,2% DELLA POPOLAZIONE
STUDENTESCA, MAGGIORANZA DA ROMANIA
Dopo anni di continua crescita sembra essersi stabilizzato il numero degli studenti con cittadinanza non italiana. È quanto emerge dall'indagine statistica su 'Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano' del ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e ora disponibile on line. L'indagine si riferisce all'anno scolastico 2014/2015. L'incremento degli studenti con cittadinanza non italiana, rispetto all'anno precedente, è pari a circa 3.000 unità, per un numero complessivo di 805.800 alunni.
Anche la percentuale degli alunni con cittadinanza non italiana, sul totale degli studenti, rimane pressoché costante, è il 9,2%. Più esattamente, diminuiscono gli alunni stranieri nella scuola materna e nelle medie, mentre aumentano quelli frequentanti le elementari e le superiori. Continua ad essere in forte crescita, invece, la quota di alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia: si va consolidando il "sorpasso" delle seconde generazioni, seppure con una minor incidenza rispetto ad un anno fa. Questo incremento è pari al 7,3% contro l'11,8% del 2013/2014. In totale, gli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia rappresentano il 51,7% del totale degli alunni stranieri. Dalla lettura dei dati, emerge che il sorpasso ancora non riguarda le superiori (18,7%). È in aumento anche la variazione degli alunni entrati per la prima volta nel sistema scolastico italiano.
Invariato rispetto allo scorso anno l'ordine dei Paesi di provenienza per numero di presenze di alunni stranieri. In testa alla classifica la Romania. Seguono Albania, Marocco, Cina, Filippine, Moldavia, India, Ucraina, Perù e Tunisia. Anche per l'anno scolastico 2014/2015, la regione italiana che ospita nelle proprie aule più alunni con cittadinanza non italiana è la Lombardia, con 201.633 studenti che però, se raffrontata con le altre regioni in termini percentuali, scende al secondo posto superata dall'Emilia-Romagna che registra un'incidenza maggiore di studenti con cittadinanza non italiana sul totale, pari al 15,5%. Il divario tra la scelta di una scuola statale e una non statale da parte degli alunni stranieri, rispetto a quelli italiani, va aumentando nel tempo. Nell'anno scolastico 2014/2015, in particolare, si osserva che l'8,9% degli studenti con cittadinanza non italiana frequenta una scuola non statale, contro il 12,3% degli alunni italiani. Per quanto riguarda le scelte dei percorsi scolastici nelle superiori, si osserva un deciso sorpasso dell'istruzione tecnica rispetto a quella professionale dovuto essenzialmente agli alunni stranieri nati in Italia. Nello specifico, dei nati in Italia il 36,3% sceglie l'istruzione tecnica e il 28,2% l'istruzione professionale; degli stranieri nati all'estero, invece, il 36,8% sceglie l'istruzione tecnica e il 39,3% quella professionale.
Guardando al percorso scolastico dei bambini stranieri, pur rimanendo più difficile e a volte più lungo di quello dei compagni italiani, si riscontra una diminuzione del valore percentuale del ritardo. Si può osservare che questo valore diminuisce sia per gli alunni con cittadinanza non italiana (34,4%) che italiana (10,9%).
Nel notiziario vengono presentati anche i dati relativi alle scelte universitarie degli studenti con cittadinanza non italiana che si sono immatricolati nell'anno accademico 2014/2015, nonché quelli sugli abbandoni e i crediti formativi degli studenti universitari stranieri immatricolati nell'anno accademico 2013/2014.
 Notiziario Minori, 29 novembre 2015

lunedì 16 novembre 2015


IN NOME DI COSA?
Venerdì sera ci sono stati diversi attentati a Parigi in cui sono rimaste uccise almeno 132 persone: altre 352 persone sono rimaste ferite di cui 99 gravi, ha detto la procura di Parigi. Alcuni attacchi sono stati compiuti nei pressi di bar e ristoranti del X e dell’XI arrondissement, due quartieri della capitale francese. L’attentato più grave è stato compiuto al Bataclan, un locale storico dove si stava tenendo un concerto di una band californiana: qui alcuni uomini hanno preso in ostaggio un centinaio di persone per circa due ore, uccidendone 89.Una rosa e un biglietto con scritto «In nome di cosa?», sul foro lasciato da un proiettile nella vetrina di un ristorante di Parigi. Tanta barbarie - ha sottolineato papa Francesco - ci lascia sgomenti e ci si chiede come possa il cuore dell'uomo ideare e realizzare eventi così orribili, che hanno sconvolto non solo la Francia ma il mondo intero. Dinanzi a tali atti intollerabili, - ha affermato il Pontefice - non si può non condannare l'inqualificabile affronto alla dignità della persona umana. Voglio riaffermare con vigore che la strada della violenza e dell'odio non risolve i problemi dell'umanità e che utilizzare il nome di Dio per giustificare questa strada è una bestemmia.
Con questa riflessione di oggi, tutta la nostra scuola vuole essere vicina al popolo della Francia e a tutti i familiari delle vittime.
 

IL 25% DEGLI STUDENTI HA 'DIPENDENZA'
 DA INTERNET MANIFESTA PROBLEMI
SE NON SI COLLEGA
-"Cinquecento ragazzi di due istituti scolastici calabresi, divisi per sesso, sono stati testati in base alla frequenza di collegamento con i social network, la playstation e i siti web. Il campione ha visto la presenza del 63% di componenti di sesso femminile, con un'età media di 15,9 anni. Il 25% ha manifestato difficoltà se non si collegava giornalmente per un periodo superiore ai 120 minuti, mentre il 75% ha dichiarato di non avere problemi a disconnettersi". Lo rivela una ricerca pubblicata su Clinical Neuropsychiatry (www.clinicalneuropsychiatry.og, fioriti editore) relativa alla possibile dipendenza da internet di un campione di adolescenti, e tra gli autori Mario Campanella, presidente dell'associazione Peter Pan, e Donatella Marazziti, direttore scientifico della Brf.
"Il 4% della popolazione campionata ha dimostrato di avere serie difficoltà in caso di disconnessione, con una propensione di attaccamento che ricorda la sindrome di Hikikomori, la ormai celebre patologia di derivazione giapponese che vede circa 300.000 ragazzi italiani chiudersi totalmente al mondo reale.
La campionatura omogenea per territorio- aggiunge Marazziti- mostra un progressivo aumento del numero dei ragazzi che organizzano la loro vita intorno al mondo virtuale, con problematiche connesse che richiedono un'attenzione seria da parte delle istituzioni".
Notiziario Minori, 16 novembre 2015.

"DISTURBI PERSONALITÀ NON RIGUARDANO
L'INFANZIA". MIGONE: LA COMPONENTE
BIOLOGICA È SOLO UNA CONCAUSA
'I disturbi di personalità veri e propri non emergono con chiarezza nell'infanzia perché il bambino non ha ancora una personalità definita'. A dirlo è Paolo Migone, medico psichiatra e co-direttore della rivista Psicoterapia e Scienze Umane (www.psicoterapiaescienzeumane.it), che intervistato dalla Dire aggiunge: 'Temperamento, carattere e personalità sono tre parole chiave. Il temperamento esiste dalla nascita, è biologico, il carattere è quell'aspetto della personalità che deriva dall'esperienza e la personalità è l'unione del temperamento e del carattere. Quindi il temperamento- chiarisce il medico- è solo una concausa che, insieme alle esperienze, incide moltissimo sull'emergere in età adulta dei disturbi di personalità'.
- COSA SONO I DISTURBI DI PERSONALITÀ? 'Sono le modalità di funzionamento dell'intera persona che si stabilizzano nell'adolescenza e durano per tutta la vita. Si differenziano dalle sindromi cliniche, che invece sono malattie che curate possono andare via. La depressione, ad esempio, non è un disturbo di personalità, perché ci si può ammalare ma poi guarire e tornare alla normalità- spiega Migone- mentre un disturbo di personalità è qualcosa di permanente nella persona, all'interno della quale si possono innescare o instaurare le sindromi cliniche, come la depressione, la schizofrenia, l'attacco di panico o altro'. Il Dsm-III e il Dsm-IV indicavano al clinico cinque 'assi' da considerare simultaneamente (il sistema multiassiale è stato poi eliminato nel Dsm-5). Importanti erano i primi due assi: 'Nel primo trovavamo le sindromi cliniche, ovvero quelle malattie che vanno e vengono (come la depressione, le fobie, gli attacchi di panico o un disturbo d'ansia). Nel secondo asse i disturbi di personalità- continua il co-direttore di Psicoterapia e Scienze Umane- che sono permanenti ma possono essere in parte modificati da una terapia. Possiamo definirli come espressione di 'tratti' o 'dimensioni' della personalità, aspetti della persona che possono essere valutati in un continuum che va dalla patologia alla salute, quindi appartengono a tutti, anche alle persone sane'. Si può parlare di disturbo di personalità 'quando alcuni tratti sono marcati, cioè all'estremo del continuum. Questo è un modo di concettualizzare i disturbi di personalità che possiamo definire 'dimensionale'- chiarisce Migone- cioè basato sullo studio dei tratti della personalità. Invece l'approccio alternativo, chiamato 'categoriale', prevede che vi siano disturbi distinti e separati gli uni dagli altri, non collocati lungo un continuum di dimensioni'.
Lo psichiatra ricorda poi che 'nel Dsm-5 si è tentato di introdurre un modello dimensionale per definire i disturbi di personalità, ma poco prima della sua pubblicazione è stato deciso di eliminarlo perché ritenuto troppo complesso per il clinico'. Il modello dimensionale è stato comunque conservato in una sezione a parte del manuale, ed è stato deciso che il Dsm-5 conservasse, tali e quali, tutti i disturbi di personalità già presenti nel Dsm-IV, con l'aggiunta di un disturbo di personalità dovuto a cause organiche, ad esempio un tumore cerebrale o una epilessia.
- QUANTI SONO I DISTURBI DI PERSONALITÀ? 'Sono dieci e vengono suddivisi in tre gruppi, o clusters. Gruppo A: paranoide, schizoide, schizotipico (disturbi gravi caratterizzati da un certo grado di eccentricità); Gruppo B: antisociale, borderline, istrionico, narcisistico (gli impulsivi); Gruppo C: evitante, dipendente, ossessivo-compulsivo (gli ansiosi)', spiega.
- QUAL È LA PRINCIPALE NOVITÀ DEL DSM-5? 'Ha abbassato le soglie della diagnosi- risponde lo psichiatra- una scelta molto criticata. È stata organizzata anche una campagna internazionale per boicottarlo in tutto il mondo, chiamata 'Boycott DSM-5'.
Abbassare le soglie, quindi, vuol dire che 'oggi è più facile di prima fare diagnosi, e che gran parte della popolazione può essere dichiarata affetta da una malattia mentale. Verranno quindi dati molti più farmaci, alcuni dei quali sono di efficacia dubbia e con effetti collaterali negativi. Il Dsm-5, abbassando le soglie della diagnosi, creerà molti 'falsi positivi': malattie diagnosticate che però non sono vere malattie'.
- COSA VUOL DIRE OGGI AVERE UNA MALATTIA MENTALE? 'È un problema enorme capire cosa vuol dire avere una malattia mentale. Dipende molto dalla cultura di appartenenza. Ad esempio- sintetizza il co-direttore della rivista- una volta l'omosessualità era considerata una malattia e tante persone sono state etichettate come malate quando invece erano sanissime, erano solo omosessuali. Qualcuno ha cercato addirittura di curarle con terapie 'riparative''.
- PERCHÉ LE SOGLIE DIAGNOSTICHE SONO STATE ABBASSATE? 'Sarebbe semplicistico dire che ciò è avvenuto solo per una grossa pressione delle case farmaceutiche- rimarca Migone- perché vi era anche il legittimo desiderio di tanti ricercatori di prevenire le malattie studiando le persone con diagnosi sotto soglia per curarle prima. La prevenzione è il sogno di tutta la medicina'.
- PERCHÉ PROVARE A INTRODURRE L'APPROCCIO DIMENSIONALE? 'L'approccio dimensionale è stato in parte introdotto perché l'approccio categoriale, che caratterizzava il Dsm-III e il Dsm-IV, era ritenuto responsabile della poca attendibilità del manuale- continua Migone- però è un po' servito da cavallo di troia che ha permesso un abbassamento delle soglie di molte diagnosi'. - COS'È IL DISTURBO BIPOLARE? 'Il disturbo bipolare è un disturbo dell'umore, che nel Dsm-5 è stato elencato a parte, separato dai disturbi depressivi. Si tratta di una malattia abbastanza grave, anche se ci sono forme attenuate', afferma il medico. 'Consiste in oscillazioni dell'umore (abbastanza lunghe, non di ore o pochi giorni) tra stati di depressione e stati di euforia. Alcuni ricercatori sostengono che i disturbi bipolari esistono anche nei bambini, ma questa cosa è controversa, e di fatto ha favorito la diffusione dei farmaci nei minori producendo anche danni'.
- A CHE ETÀ EMERGE IL DISTURBO BIPOLARE? 'Il disturbo bipolare inizia non prestissimo, in media attorno ai 20-30 anni. Questo perché la personalità si struttura nell'adolescenza- ricorda il medico- e nel bambino, non essendo del tutto formata, può variare moltissimo (la schizofrenia invece inizia spesso durante la pubertà). Se il disturbo bipolare viene diagnosticato nell'infanzia, si rischia di etichettare come malati bambini semplicemente difficili'. Un generale abbassamento delle soglie diagnostiche è pericoloso: 'Come già Allen Frances aveva amaramente fatto notare, il Dsm-IV, di cui aveva guidato la task force, aveva fatto salire alle stelle i dati epidemiologici di diverse malattie. Il disturbo bipolare nell'infanzia e nell'adolescenza era aumentato di quaranta volte, generando una pericolosa impennata di prescrizioni farmacologiche per bambini anche di appena tre anni, cui a volte vengono prescritti farmaci antipsicotici, ritenuti indicati per certe forme bipolari'.
- COSA DIRE SULLA DICOTOMIA VALIDITÀ/ATTENDIBILITÀ? 'Una diagnosi- scrive Migone in un articolo di presentazione del Dsm-5 uscito sul numero 4 del 2013 di Psicoterapia e Scienze Umane- può essere molto attendibile ma non valida (in altre parole, operatori diversi possono essere d'accordo nel dare la stessa diagnosi al medesimo paziente, indipendentemente gli uni dagli altri, anche se è sbagliata). Dal Dsm-III in poi si è innalzata l'attendibilità, che precedentemente era bassissima, ma ciò non ha modificato la validità delle diagnosi, che restano semplici convenzioni. Come ha ammesso anche lo stesso presidente dell'Associazione mondiale di Psichiatria in un recente convegno, il Dsm-III e il Dsm-IV non sono riusciti a formulare quasi nessuna diagnosi valida, ma solo a innalzare un po' l'attendibilità- conclude Migone- prova ne è, ad esempio, la frequente alta comorbilità, cioè i pazienti possono risultare 'positivi' a più diagnosi simultaneamente, e questo è un po' il tallone d'Achille dei Dsm'.
 Notiziario Minori, 16 novembre 2015

venerdì 6 novembre 2015


PSICOLOGA: NON PERMETTERE TUTTO
A FIGLI PRESIDENTE EURODAP AVVISA
"La mancanza di regole e il continuo proteggere i figli da critiche, oggi non permette più ai giovani la possibilità di codificare cosa è giusto e cosa è inappropriato, fino ad essere autodistruttivo. Il ruolo di autorevolezza che i genitori dovrebbero impostare per aiutare i propri figli a costruire la propria identità, sicurezza ed autonomia, infatti, è stato sostituito da un lassismo e protezionismo di fronte a qualsiasi azione loro compiano. Si sta rischiando così di far crescere una generazione completamente autoreferenziale, dove il proprio desiderio è un diritto". Così Paola Vinciguerra, presidente dell'Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico), commenta il caso dei 22 ragazzi sospesi da una scuola media di San Francesco al Campo (Torino) per aver filmato i professori durante le lezioni e fatto circolare il video su Whatsapp. "Continuare a permettere qualsiasi cosa ai propri figli- prosegue Vinciguerra- e proteggerli se qualcuno osa contrastarli è il peggior danno che si può fare loro. Si rischia, infatti, di farli crescere con il convincimento che sia loro tutto dovuto e che non c'è alcun bisogno d'impegnarsi per raggiungere una meta, tanto il traguardo spetta loro di diritto e ci saranno i genitori a proteggerli da qualsiasi persona che osi ostacolarli.
Comportarsi così vuol dire non aiutare i propri figli alla realtà. Non meravigliamoci, poi, che già a 12/13 anni sono in cerca di 'sballi' di qualsiasi genere, di sesso e di prostituzione per una borsa o un telefonino".
Secondo la presidente dell'Eurodap, i genitori oggi hanno tolto ai figli "il significato dell'impegno, del traguardo e del premio- sottolinea- hanno tutto ma non hanno nulla. L'assenza educativa dei genitori sta generando nei 'nuovi' giovani problematiche di grande rilievo: il percorso della crescita, a cui i genitori sono preposti, implica essere consapevoli che l'organizzazione cerebrale dei loro figli apprende i comportamenti adeguati e socialmente utili- conclude Vinciguerra- per se stessi e per l'ambiente sociale".
Notiziario Minori,  6 novembre 2015

lunedì 2 novembre 2015


SOGNARE È COME RESPIRARE, BIMBI LO
FANNO DI PIÙ. MONDO: DIMOSTRA STATO
SVILUPPO DELLA LORO PERSONALITÀ
I sogni dei bambini son desideri? "Sognare è qualcosa di più complesso del desiderare, atto che presuppone la conoscenza della cosa anelata. I bambini ci dimostrano di avere una capacità onirica molto prima di conoscere qualcosa. Approfonditi studi neurologici affermano infatti che esiste un'attività celebrale nel sonno dei feti già all'interno dell'utero materno. Sognare è quindi come respirare, e i bambini sognano più degli adulti e ci riflettono lo stato di sviluppo della loro personalità". In un'intervista alla Dire, Riccardo Mondo, psicologo analista junghiano e docente di Psicologia del sogno nella Scuola di psicoterapia dell'età evolutiva dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma, rivela che circa la metà del loro tempo i bambini molto piccoli lo trascorrano sognando.
"L'attività cerebrale onirica è fondamentale per lo sviluppo del sistema nervoso, e con lo sviluppo progressivo delle capacità cognitive, linguistiche, di rappresentazione e di differenziazione tra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori, il bambino inizia a manifestare con le immagini oniriche ciò che gli capita dentro. La successiva capacità di raccontare i propri sogni- sottolinea il membro del Centro italiano di psicologia analitica (Cipa)- dipende, in parte, dall'interazione che ha con gli adulti". È molto difficile sapere cosa sogna un bambino, soprattutto durante i primi anni di vita. "È complicato indagare sulla loro qualità- risponde Mondo- all'inizio sognano per lo più sensazioni tattili, movimenti materni, il proprio corpo, il battito cardiaco, i rumori. Sono sogni molto scarni, essenziali. Freud li definiva chiari, brevi e coerenti. Solo successivamente iniziano a fare dei resoconti, intrecciano fantasia e sogno in maniera inconsapevole, ma dalla terza infanzia in poi comincia a manifestarsi il sogno simbolico come negli adulti".
- I BAMBINI FANNO INCUBI? "È facile che il bambino anche piccolo abbia degli incubi- ammette- anche se non sa raccontarli. A volte possono verificarsi dei sogni ricorrenti, dei blocchi che il soggetto non riesce a superare. Gli incubi simboleggiano proprio dei blocchi psicologici o dei disagi di vario tipo". Ma non bisogna preoccuparsene oltre misura, secondo lo psicoterapeuta, "perché la paura e la difficoltà di crescere fa parte di ognuno di noi. Bisognerebbe chiedersi piuttosto come noi adulti dovremmo comportarci di fronte a questi incubi. Condividendoli al momento del risveglio- spiega l'analista- chiedendo ad esempio al bambino cosa 'hai sognato stanotte?', magari abituandolo a disegnarlo e a giocarci su. Questo è un metodo ottimo per esorcizzare gli incubi".
Il classico sogno che angoscia i bambini è "l'apparizione di un mostro a casa propria. Quello che esce dall'armadio o dalla cassapanca dei giochi".
 - COSA SIGNIFICA? "Segnala la paura di fronte al potere degli adulti, o il timore di perdere l'amore delle figure di riferimento. Può simboleggiare anche un'insicurezza personale, come un'incapacità o il mancato (sufficiente) controllo delle proprie forze istintive, non ancora dominate. A volte sulla figura del mostro è proiettata quella di un adulto che gli fa paura. Ciò può indicare un'area conflittuale con il genitore, con cui il piccolo si scontra per motivi di normale evoluzione". Un'altra immagine onirica è il rimanere intrappolati: "Il bambino che resta incastrato in una scatola, in un letto, che cade in un pozzo o che non riesce a correre ci indica quanto si senta minacciato da una situazione scomoda che non riesce ad affrontare".
- LE FIGURE PIÙ RAPPRESENTATE? "Sono gli animali o i personaggi fantastici. I piccoli hanno molta difficoltà a fare distinzione tra il racconto e il racconto che si fa sul sogno. Quando raccontano un sogno partono da un'immagine onirica, che poi arricchiscono con uno stile di narrazione eroica. Quello che importa è il racconto e la sua condivisione, e soprattutto che ci sia il genitore ad ascoltarlo. La presenza e l'ascolto dei genitori rassicura i bambini, confermandogli che i mostri non sono reali e che possono sentirsi sicuri nel loro letto".
Tutti i bambini sanno raccontare i loro sogni? "Il racconto del sogno dipende dall'educazione ricevuta all'interno della struttura familiare. Dallo spazio che la famiglia riserva al gioco, alla fantasia, a ciò che sta dentro al bambino. A volte i genitori provano angoscia se il figlio racconta di essere stato ferito da un mostro".
- DA COSA DIPENDE QUESTA DIFFERENZA? "I bambini sono liberamente a contatto con le loro pulsioni, con le parti competitive, distruttive e sadiche che si manifestano. Pensiamo alle fiabe dei fratelli Grimm, che hanno dei momenti assolutamente horror e che oggi stanno diventando dei canovacci meravigliosi per gli Horror contemporanei. La paura stessa è un momento catartico dell'esperienza. Il sogno è un'esperienza di simulazione esistenziale e ha un valore formativo ed evolutivo nel bambino, che ha bisogno di sperimentare e di controllare la paura. Il vero problema- conclude l'esponente della Cipa- non sono i sogni dei bambini ma la capacità degli adulti di stare con i sogni dei bambini".
Notiziario Minori, 2 novembre 2015

venerdì 23 ottobre 2015

".

REGOLA DELLE CINQUE DITA AIUTA A GESTIRE TEMPI
BORILE: 0 ZUCCHERI, 8 ORE SONNO,
2 AL PC,UNA DI SPORT E 5 PER MANGIARE
Cinque ore per mangiare cinque volte al giorno, zero zuccheri, due ore di tecnologia, otto ore di sonno e un'ora di attività fisica. È la regola per una buona ripartizione del tempo che i genitori devono far seguire ai loro bambini, ed è rinchiusa nelle cinque dita della mano di Monica Borile, pediatra e adoloscentologa della Cdajic (Confederacion de Adolescencia y Juventud Iberoamericana, Italiana e caraibica).
Il medico interverrà al settimo Joint Meeting di Catanzaro in Pediatria e medicina dell'adolescenza, all'Auditorium dell'Università degli Studi 'Magna Graecia', per parlare de 'L'impatto cognitivo ed emotivo delle nuove tecnologie sui ragazzi e sulle famiglie'.
"Le tecnologie si sono immesse nella nostra vita per sempre. Sono importantissime, segnano uno spazio di incontro sociale, ma ci sono anche molti pericoli, come il sexting, il grooming o il cyberbullismo", aggiunge la pediatra. La rete è un luogo "di rischi" ma anche di "opportunità": costituisce una "possibilità di sviluppo cognitivo per i giovani, che sono multitasking, multifunzionali, e possono fare molte cose contemporaneamente. Siamo noi adulti ad essere indietro e a lasciarli da soli. Quante volte vediamo bambini piccoli che invece di mangiare in famiglia- chiede Borile- sono messi davanti a dei disegni sul telefonino e non sentono cosa succede a tavola? Quante volte una mamma giovane mentre allatta guarda il cellulare, invece di stabilire un contatto oculare con il figlio? Ricordiamoci che se i bambini trascorrono troppo tempo davanti a computer o cellulari- conclude- finiscono per dormire poco e questo è fonte di problemi".
 Notiziario Minori, 23 ottobre 2015

lunedì 19 ottobre 2015


MINORI. 3,6 MILIONI HANNO DISTURBI
NEUROPSICHICI MA SOLO 1 SU 4
 ACCEDE A CURE NECESSARIE
I disturbi neuropsichici dell'età evolutiva sono tra i disturbi più diffusi nell'infanzia. Colpiscono un bambino o adolescente ogni cinque, con disturbi molto diversi tra loro che vanno dall'autismo all'epilessia, dalla depressione al disturbo del linguaggio, dalla dislessia alla disabilità intellettiva, dalle paralisi cerebrali infantili ai disturbi della condotta, dalle malattie neurodegenerative all'anoressia e molte altre.
Tuttavia meno di un bambino adolescente su quattro riesce ad accedere alle cure di cui ha necessità. Si stima che non siano più di 600.000 gli utenti dei servizi pubblici di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza a fronte di una popolazione complessiva sofferente di circa 3,6 milioni unità. Sono i dati radiografati dalla Società italiana di neuropsichiatria infantile dell'infanzia e dell'adolescenza (Sinpia). "Come la salute, anche la salute mentale non è solo assenza di malattia. E' uno stato di benessere emotivo e psicologico nel quale la persona è in grado di sfruttare al meglio le proprie capacità cognitive ed emozionali, di stabilire relazioni soddisfacenti con gli altri e di partecipare in modo costruttivo ai mutamenti dell'ambiente- spiega Paolo Siani, presidente dell'Associazione culturale pediatri (Acp)- Oggi sappiamo che è nell'infanzia che la salute mentale ha le sue radici, e investire in questa direzione è strategico per il benessere futuro di tutta la popolazione".
Le più recenti ricerche nelle neuroscienze dicono che la salute mentale è il risultato di interazioni complesse tra genetica, neurobiologia e ambiente, afferma Maurizio Bonati, direttore del dipartimento di Salute pubblica dell'Irccs Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. "Ci dicono soprattutto che nella maggior parte dei casi la componente genetica non determina in modo lineare il rischio di malattia, ma implica semplicemente una maggiore sensibilità agli effetti dell'ambiente". Dunque uno stile genitoriale positivo, l'ascolto delle emozioni dei bambini garantendo limiti sereni ai comportamenti, l'esposizione precoce alla lettura ad alta voce, la presenza di servizi educativi per la prima infanzia di qualità "hanno ricadute importanti per tutti i bambini, ma hanno un'efficacia molto maggiore per quelli ad alto rischio" aggiunge.
E' per questo motivo che fin dal 2008, in un appello ai politici e ai cittadini "abbiamo indicato la salute mentale come una delle priorità fondamentali su cui investire per promuovere una migliore assistenza e favorire un migliore sviluppo dei più piccoli e della salute futura della popolazione", ricorda Siani. "Due sono gli ambiti essenziali su cui investire: da un lato, l'attenta programmazione di interventi di promozione della salute mentale che coinvolgano i contesti scolastici, educativi e sociali, a partire dalle conoscenze che abbiamo oggi dalla ricerca". Dall'altro, "l'attivazione di adeguate strategie di prevenzione, diagnosi precoce e intervento all'interno di servizi specialistici del territorio". Entrambe le aree, infatti, sono "drammaticamente trascurate nel nostro Paese e dal 2008 ad oggi nulla è stato fatto".
Il diritto alle cure per i bambini e gli adolescenti con disturbi neuropsichici e per le loro famiglie, conclude poi Antonella Costantino, presidente della Sinpia, "è ancora largamente disatteso, con enormi differenze tra le Regioni. Gli interventi necessari sono all'insegna della partecipazione dei pazienti delle loro famiglie, degli operatori, ma soprattutto dei decisori politici". Oggi la maggior parte dei riferimenti normativi necessari per poter garantire risposte adeguate ai bambini e agli adolescenti con disturbi neuropsichici e alle loro famiglie "ci sono- va avanti- ma purtroppo non sono stati finora sufficienti". Il richiamo presente nel Piano d'azione nazionale salute mentale, approvato in Conferenza Stato-Regioni nel 2013, pone come primo obiettivo per l'area infanzia-adolescenza l'esistenza di una rete regionale integrata e completa di servizi per la diagnosi, il trattamento e la riabilitazione dei disturbi neuropsichici dell'età evolutiva. Però è rimasto inapplicato, sottolinea Costantino. Servono quindi "risorse certe destinate in modo vincolato al completamento della rete di servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza e precisi impegni regionali". E contestualmente "serve un Piano d'azione per la promozione della salute mentale in infanzia e adolescenza, perché l'Organizzazione mondiale della sanità ci dice da tempo che i disturbi neuropsichici pesano sulla salute collettiva più delle malattie cardiovascolari". L'Oms dice anche che è fondamentale investire in attività preventive nell'infanzia.
Notiziario Minori 19 ottobre 2015

lunedì 12 ottobre 2015


ALLARME ISS, CALO VACCINI CAUSA DECESSI
ANCHE PEDIATRI BAMBINO GESÙ PREOCCUPATI
"Gli esperti dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù condividono le preoccupazioni lanciate dal presidente dell'Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi, alla luce dei recenti dati forniti sul calo delle vaccinazioni e pubblicati dal ministero della Salute". Alberto Villani, responsabile della Pediatria generale e malattie infettive dell'ospedale della Santa Sede, lancia l'allarme. "Il calo delle coperture vaccinali è responsabile dei numerosi casi di morbillo e della presenza di malattie che potevano già essere debellate come ad esempio la pertosse, alla causa del decesso di alcuni lattanti. I dati pubblicati dal ministero della Salute- spiega Villani- si riferiscono alle vaccinazioni esavalenti, da somministrarsi nel primo anno di vita, che con un'unica iniezione permettono di proteggersi da difterite, tetano, pertosse, poliomelite, epatite B e malattie come la meningite causata da Haemophilus". La copertura vaccinale insufficiente riguarda anche quella contro morbillo, rosolia e parotite. "Senza le vaccinazioni ci troviamo a dover fronteggiare di nuovo queste malattie, che invece sarebbero facilmente prevenibili", aggiunge. Ad esempio "osserviamo epidemie di pertosse, morbillo. Oltre al ritorno, in Europa, di alcune malattie che erano state debellate da molti anni, come ad esempio la poliomielite". I dati dell'Iss indicano un tasso di vaccinazioni al di sotto degli obiettivi minimi previsti dal precedente piano. Scendono, infatti, al di sotto del 95% le vaccinazioni per poliomielite, tetano, difterite ed epatite B e la percentuale cala ulteriormente per le vaccinazioni contro il morbillo, la parotite e la rosolia che raggiunge una copertura dell'86%, diminuendo di oltre quattro punti percentuali, conclude il medico.
 Notiziario Minori, 12 ottobre 2015

DA INDIRE ECCO "DATEMI UNA PENNA"
IL LIBRO SULLA STORIA DELLA SCRITTURA
La storia del libro, della scrittura e della stampa spiegata ai bambini. È il nucleo centrale del libro "Datemi una penna. Scritture a mano dopo l'invenzione della stampa" di Roberto Piumini, Adriana Paolini e Monica Zani, edito da Carthusia, presentato a Firenze a Palazzo Medici Riccardi (via Cavour, 1). Alla presentazione sono intervenuti gli autori del libro, Pamela Giorgi, curatrice della mostra "Radici di futuro" sui 90 anni dell'Indire, e la giornalista de La Repubblica Maria Cristina Carratù.
Il volume chiude una trilogia dedicata alla storia della comunicazione destinata ai bambini, ma anche ai curiosi di ogni età. I tre libri, "L'invenzione di Kuta", dedicato alla scrittura delle origini e ai codici medievali, "Che rivoluzione!", sui libri a stampa, e ora "Datemi una penna", presentano la stessa struttura: otto storie affidate alla penna di Roberto Piumini, e nel secondo libro anche alla creatività di Beatrice Masini, offrono l'opportunità di entrare nel mondo della scrittura attraverso percorsi diversi. Ogni racconto è seguito da un capitolo di approfondimento storico curato da Adriana Paolini.
Tutte le storie sono introdotte da illustrazioni, che in questo volume sono opera dello stile originale di Monica Zani.
Un'attenzione particolare meritano le immagini dei documenti che arricchiscono il libro, tutte provenienti da diversi istituti di conservazione italiani, in particolare da quelli trentini.
Il progetto, da cui prende le mosse questa avventura editoriale, nasce grazie all'esperienza di Adriana Paolini che da oltre dieci anni porta avanti incontri sulla storia della scrittura con bambini e ragazzi di ogni età, ma soprattutto dal desiderio di condividere una grande passione, che è quella per i libri. L'evento fa parte delle iniziative collaterali della mostra "Radici di futuro. L'innovazione a scuola attraverso i 90 dell'Indire", aperta al pubblico, con ingresso libero, fino al 22 ottobre.
 Notiziario Minori, 12 ottobre

IL BEBÈ GUARDA E SI SCOPRONO DISTURBI
 RICERCA UNIVERSITÀ DI PADOVA
SU 180 NATI TRA IL 2004 E 2012
Uno studio internazionale, condotto da ricercatori dell'Università di Padova, della Birkbeck University of London e della London Metropolitan University ha scoperto la correlazione tra lo sviluppo attentivo nei primi giorni di vita e i possibili disordini dell'attenzione in età successiva. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista "Scientific Reports". Gli scienziati hanno dimostrato come il comportamento visivo nei primissimi giorni di vita è stato correlato alla comparsa successiva di problemi comportamentali. I ricercatori hanno scoperto un'associazione tra le differenze individuali nell'attenzione visiva che i neonati nei primi giorni dopo la nascita rivolgevano a diverse immagini e problemi comportamentali comparsi nel successivo sviluppo, tra cui iperattività e difficoltà nei rapporti con i coetanei. "Abbiamo studiato l'attenzione visiva su un campione di 180 neonati- spiega Teresa Farroni, docente del dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell'Università di Padova- nati tra il 2004 e 2012 in un reparto di maternità di un ospedale di Monfalcone (Gorizia). Per la prima volta- prosegue Farroni- abbiamo dimostrato che c'è un legame significativo tra le modalità in cui i neonati guardano le immagini e il temperamento che si manifesta nel loro comportamento in età successive. Guardare le immagini per tempi più lunghi alla nascita sembra essere associato a una minore presenza di comportamenti impulsivi e iperattivi nello sviluppo del bambino". I ricercatori hanno esaminato tre aspetti principali del temperamento e del comportamento: la capacità di regolare le emozioni (uno scarso controllo è stato collegato a una maggiore impulsività e iperattività); un tratto caratteriale che descrive una tendenza verso livelli elevati di estroversione e impulsività e che è stato collegato con l'aggressività e problemi comportamentali nell'infanzia; la presenza di difficoltà comportamentali. "Lo studio dell'attenzione visiva dei neonati costituisce una finestra sui meccanismi di sviluppo che contribuiscono alla variazione di attenzione e del comportamento per tutta la durata della vita- conclude Farroni-. I risultati delle nostre ricerche suggeriscono che una parte di ciò che influenza il comportamento più tardo è già presente alla nascita. Questi risultati potrebbero in futuro aiutare a identificare i bambini che sono a più alto rischio di difficoltà di attenzione e potrebbe favorire lo sviluppo di primi interventi con lo scopo di contribuire a migliorare precocemente le capacità attentive".
 Notiziario Minori, 12 ottobre 2015

venerdì 5 giugno 2015


BIMBI E COMPITI PER VACANZE,
SIPPS: STRESS IN AGGUATO
ECCO I CONSIGLI DELLA SOCIETÀ
ITALIANA DI PEDIATRIA PREVENTIVA
 Mancano pochi giorni alla fine della scuola quando, per milioni di studenti italiani, suonerà l'ultima campanella dell'anno ed inizieranno le tanto desiderate vacanze. Via zaini, quaderni e penne, dunque, e addio a sveglie all'alba e ansie da interrogazione.
Ma ne siamo davvero sicuri? Non è proprio così, almeno non per tutti: se è vero che gli studenti sono pronti ad affollare le località di vacanza, infatti, è altrettanto vero che sono numerosi quelli che dovranno fare i conti con i compiti assegnati loro dagli insegnanti. Lo stress, insomma, è in agguato.
Ma dalla Società italiana di pediatria preventiva e sociale arrivano i rimedi che vanno incontro a chi soffre anche solo per l'idea di dover riaprire un libro sotto il sole. "Staccare la spina per tanto tempo, in genere per tre mesi - spiega Giuseppe Di Mauro, presidente della Sipps -  significa spesso dimenticare molto di quello che si è appreso durante l'anno: ecco allora i compiti che diventano spesso incubo e disagio non solo per il bambino, ma per tutta la famiglia. La Sipps non vuole entrare nel merito del dibattito sulla utilità o meno dei compiti, ma può dare delle indicazioni che aiutino genitori e figli ad affrontare serenamente i compiti delle vacanze".
Ecco, dunque, qualche utile consiglio per grandi e piccoli da parte dei medici pediatri:

1) Iniziate le vacanze con una stacco completo del bambino dai problemi scolastici per almeno 20 giorni, per permettergli un cambiamento significativo delle sue abitudini. Questo stimola molti sensori dell'organismo, in particolare la reattività ormonale e l'apparato immunitario.

E ancora:

2) Iniziate il riavvicinamento alle materie con la lettura di libri, cosa spesso accettata meglio dai bambini in quanto non si presenta come un esercizio o come un obbligo scolastico; ancor meglio se voi stessi come genitori fate vedere di essere interessati a leggere;

3) Suddividete i compiti in base ai giorni di vacanza che rimangono, cercando di dare circa un'ora di tempo al giorno a compiti di diverse materie per dedicare il tempo restante alle attività all'aria aperta;

4) Cercate di rendere i compiti di matematica e di grammatica come dei giochi a quiz, stile esercizi delle parole crociate, mostrando come genitori interesse a trovare il giusto risultato;

5) Bilanciate i tempi della giornata, dando spazio ai compiti ma in proporzione anche ai giochi su tablet o computer e a quelli insieme agli amici per non penalizzare gli uni o gli altri in modo troppo netto.

Prosegue la Sipps:

6) Seguitelo nei compiti ma non sostituitevi a lui negli esercizi: il bambino deve rendersi conto ed essere consapevole delle proprie reali capacità;

7) Se possibile organizzate dei 'gruppi di studio' con qualche amico, vicino di casa o di ombrellone. Può diventare divertente incontrarsi un'ora al giorno quando fa meno caldo e fare i compiti insieme;

8) Fate scegliere a vostro figlio il momento in cui preferisce dedicarsi allo studio;

9) Dedicate il tempo ai compiti possibilmente in un luogo tranquillo e lontano da qualsiasi tipo di distrazione;
 
10) Se sono state assegnate ricerche a soggetto libero, stimolate il bambino o ragazzo ad eseguire una relazione su un animale, una pianta incontrati nelle vacanze o su una località o sito storico archeologico che lo ha colpito durante l'estate, corredando la ricerca con foto o reperti.
 Notiziario Minori, 5 giugno 2015

 

Dopo aver dato i seguenti consigli per l'estate, chiudiamo le news dell'anno scolastico 2014-2015. A tutti voi genitori e alunni auguro buone vacanze...

                                                                                                                                 Prof. Antonio Grassi

venerdì 15 maggio 2015


SANDPLAY THERAPY LI AIUTA AD
ESPRIMERSI CON IMMAGINI METODO
 ANALITICO PIÙ DIFFUSO AL MONDO.
16-17 MAGGIO CONVEGNO IDO
La Sandplay therapy è un approccio di tipo analitico che fa parte della psicologia del profondo junghiana. Ideata negli anni '50 da Dora Kalff, analista svizzera, si è diffuso in tutto il mondo: dagli Stati Uniti al Brasile, Canada, Israele, Europa, Giappone, Svizzera, Cina, Corea del Sud, Danimarca, Sudafrica e Taiwan. Forse, tra tutti gli approcci psicoanalitici, la Sandplay therapy è il più utilizzato per la sua facilità di applicazione sia in età evolutiva che in età adulta. Per questo motivo, l'Istituto di Ortofonologia (IdO) ha deciso di promuovere il 16 e 17 maggio a Roma un seminario dal titolo 'Sandplay therapy. Il gioco e le immagini nella Psicologia Analitica', nell'Aula magna dell'I. C. Regina Elena, in via Puglie 4 dalle 9 alle 18.
A gestirlo sarà Carla Cioffi, neuropsichiatra infantile, socio-didatta dell'Associazione per la ricerca in psicologia analitica (Arpa), associata dell'Associazione internazionale per la psicologia analitica (Iaap), socio didatta dell'Associazione italiana per la Sandplay therapy (Aispt) e associata della Società internazionale di schema therapy (Isst).
Il gioco della sabbia è nato come lavoro psicoterapeutico con i bambini. "Propone per l'appunto un gioco- afferma Cioffi- un metodo non verbale che li aiuta ad esprimersi attraverso un percorso di immagini.I terapeuti della sabbia- dice il medico- osservano il processo psicologico e trasformativo dei pazienti tramite le immagini che si susseguono sulla sabbia e in cui appaiono rappresentati non solo i loro traumi ma anche le loro possibilità di guarigione. Sulla sabbia agiscono due sinergie: il conscio e l'inconscio, che insieme creano immagini, sviluppano associazioni e risvegliano ricordi".
La terapeuta supporta minori con difficoltà di tipo emotivo-comportamentale. "Hanno un'intelligenza indenne ma con un funzionamento alterato. Gli adolescenti che vedo- prosegue l'analista- hanno problematiche importanti e sono spesso bloccati nella loro crescita evolutiva, possono presentare disturbi alimentari, di attenzione o di comportamento".
La Sandplay Therapy non può essere esercitata da tutti. "Per praticarla bisogna essere psicoterapeuti e aver seguito un percorso di analisi personale e con le sabbie". Sabato 16 maggio Cioffi inquadrerà questo approccio analitico da un punto vista storico culturale, nell'evoluzione della Psicologia analitica del Novecento, per passare poi agli aspetti teorici e alle applicazioni pratiche della metodologia. Inoltre, l'esponente dell'Aisp presenterà il caso clinico di un bambino di 8 anni attraverso la lettura di 7 sabbie.
Nel pomeriggio ci sarà Eva Pattis Zoja, analista junghiana per l'infanzia (Cipa/Iaap), terapeuta anch'ella della Sandplay therapy (aispt/isst) e fondatrice della International association of expressive sandwork (Iaes), che presenterà il 'Sandwork espressivo: una proposta terapeutica in situazioni di abbandono e violenza'. Il Sandwork è stato ideato dalla stessa Pattis Zoja come supporto psicologico da applicare nelle situazioni di emergenza, guerra, catastrofi naturali e degrado sociale in genere. Al seminario IdO la fondatrice dell'Iaes mostrerà il lavoro svolto in situazioni di estrema difficoltà umana e psicologica.
La due giorni di formazione terminerà domenica 17 maggio, e nel corso della giornata verranno proiettati video e immagini sulla Sandplay Therapy per stimolare e attivare un vero e proprio laboratorio esperienziale con i presenti.
L'Aisp è associata all'Isst, presente in tutto il mondo. "Ci sono esperti di Sandplay Therapy- conclude Cioffi- che da tanti anni girano il mondo per portare la formazione alla Sandplay therapy anche nei paesi emergenti e far uscire la pratica clinica da un approccio esclusivo dei paesi culturalmente più avanzati".
Per informazione sulle modalità di partecipazione al seminario, è possibile scrivere a scuolapsicoterapia@ortofonologia.it.
 Notiziario Minori, 15 maggio 2015