"DISTURBI PERSONALITÀ NON RIGUARDANO
L'INFANZIA". MIGONE:
LA COMPONENTE
BIOLOGICA È SOLO UNA CONCAUSA
'I
disturbi di personalità veri e propri non emergono con chiarezza nell'infanzia
perché il bambino non ha ancora una personalità definita'. A dirlo è Paolo
Migone, medico psichiatra e co-direttore della rivista Psicoterapia e Scienze
Umane (www.psicoterapiaescienzeumane.it), che intervistato dalla Dire aggiunge:
'Temperamento, carattere e personalità sono tre parole chiave. Il temperamento
esiste dalla nascita, è biologico, il carattere è quell'aspetto della personalità
che deriva dall'esperienza e la personalità è l'unione del temperamento e del
carattere. Quindi il temperamento- chiarisce il medico- è solo una concausa
che, insieme alle esperienze, incide moltissimo sull'emergere in età adulta dei
disturbi di personalità'.
- COSA SONO I DISTURBI DI PERSONALITÀ? 'Sono le modalità di funzionamento
dell'intera persona che si stabilizzano nell'adolescenza e durano per tutta la
vita. Si differenziano dalle sindromi cliniche, che invece sono malattie che
curate possono andare via. La depressione, ad esempio, non è un disturbo di
personalità, perché ci si può ammalare ma poi guarire e tornare alla normalità-
spiega Migone- mentre un disturbo di personalità è qualcosa di permanente nella
persona, all'interno della quale si possono innescare o instaurare le sindromi
cliniche, come la depressione, la schizofrenia, l'attacco di panico o altro'.
Il Dsm-III e il Dsm-IV indicavano al clinico cinque 'assi' da considerare
simultaneamente (il sistema multiassiale è stato poi eliminato nel Dsm-5).
Importanti erano i primi due assi: 'Nel primo trovavamo le sindromi cliniche,
ovvero quelle malattie che vanno e vengono (come la depressione, le fobie, gli
attacchi di panico o un disturbo d'ansia). Nel secondo asse i disturbi di
personalità- continua il co-direttore di Psicoterapia e Scienze Umane- che sono
permanenti ma possono essere in parte modificati da una terapia. Possiamo
definirli come espressione di 'tratti' o 'dimensioni' della personalità,
aspetti della persona che possono essere valutati in un continuum che va dalla
patologia alla salute, quindi appartengono a tutti, anche alle persone sane'.
Si può parlare di disturbo di personalità 'quando alcuni tratti sono marcati,
cioè all'estremo del continuum. Questo è un modo di concettualizzare i disturbi
di personalità che possiamo definire 'dimensionale'- chiarisce Migone- cioè
basato sullo studio dei tratti della personalità. Invece l'approccio
alternativo, chiamato 'categoriale', prevede che vi siano disturbi distinti e
separati gli uni dagli altri, non collocati lungo un continuum di dimensioni'.
Lo
psichiatra ricorda poi che 'nel Dsm-5 si è tentato di introdurre un modello
dimensionale per definire i disturbi di personalità, ma poco prima della sua
pubblicazione è stato deciso di eliminarlo perché ritenuto troppo complesso per
il clinico'. Il modello dimensionale è stato comunque conservato in una sezione
a parte del manuale, ed è stato deciso che il Dsm-5 conservasse, tali e quali,
tutti i disturbi di personalità già presenti nel Dsm-IV, con l'aggiunta di un
disturbo di personalità dovuto a cause organiche, ad esempio un tumore
cerebrale o una epilessia.
-
QUANTI SONO I DISTURBI DI PERSONALITÀ? 'Sono dieci e vengono suddivisi in tre
gruppi, o clusters. Gruppo A: paranoide, schizoide, schizotipico (disturbi
gravi caratterizzati da un certo grado di eccentricità); Gruppo B: antisociale,
borderline, istrionico, narcisistico (gli impulsivi); Gruppo C: evitante,
dipendente, ossessivo-compulsivo (gli ansiosi)', spiega.
-
QUAL È LA PRINCIPALE NOVITÀ DEL DSM-5? 'Ha abbassato le soglie della diagnosi-
risponde lo psichiatra- una scelta molto criticata. È stata organizzata anche
una campagna internazionale per boicottarlo in tutto il mondo, chiamata
'Boycott DSM-5'.
Abbassare
le soglie, quindi, vuol dire che 'oggi è più facile di prima fare diagnosi, e
che gran parte della popolazione può essere dichiarata affetta da una malattia
mentale. Verranno quindi dati molti più farmaci, alcuni dei quali sono di
efficacia dubbia e con effetti collaterali negativi. Il Dsm-5, abbassando le
soglie della diagnosi, creerà molti 'falsi positivi': malattie diagnosticate
che però non sono vere malattie'.
-
COSA VUOL DIRE OGGI AVERE UNA MALATTIA MENTALE? 'È un problema enorme capire
cosa vuol dire avere una malattia mentale. Dipende molto dalla cultura di
appartenenza. Ad esempio- sintetizza il co-direttore della rivista- una volta
l'omosessualità era considerata una malattia e tante persone sono state
etichettate come malate quando invece erano sanissime, erano solo omosessuali.
Qualcuno ha cercato addirittura di curarle con terapie 'riparative''.
-
PERCHÉ LE SOGLIE DIAGNOSTICHE SONO STATE ABBASSATE? 'Sarebbe semplicistico dire
che ciò è avvenuto solo per una grossa pressione delle case farmaceutiche-
rimarca Migone- perché vi era anche il legittimo desiderio di tanti ricercatori
di prevenire le malattie studiando le persone con diagnosi sotto soglia per
curarle prima. La prevenzione è il sogno di tutta la medicina'.
-
PERCHÉ PROVARE A INTRODURRE L'APPROCCIO DIMENSIONALE? 'L'approccio dimensionale
è stato in parte introdotto perché l'approccio categoriale, che caratterizzava
il Dsm-III e il Dsm-IV, era ritenuto responsabile della poca attendibilità del
manuale- continua Migone- però è un po' servito da cavallo di troia che ha
permesso un abbassamento delle soglie di molte diagnosi'. - COS'È IL DISTURBO
BIPOLARE? 'Il disturbo bipolare è un disturbo dell'umore, che nel Dsm-5 è stato
elencato a parte, separato dai disturbi depressivi. Si tratta di una malattia
abbastanza grave, anche se ci sono forme attenuate', afferma il medico.
'Consiste in oscillazioni dell'umore (abbastanza lunghe, non di ore o pochi
giorni) tra stati di depressione e stati di euforia. Alcuni ricercatori
sostengono che i disturbi bipolari esistono anche nei bambini, ma questa cosa è
controversa, e di fatto ha favorito la diffusione dei farmaci nei minori
producendo anche danni'.
-
A CHE ETÀ EMERGE IL DISTURBO BIPOLARE? 'Il disturbo bipolare inizia non
prestissimo, in media attorno ai 20-30 anni. Questo perché la personalità si
struttura nell'adolescenza- ricorda il medico- e nel bambino, non essendo del
tutto formata, può variare moltissimo (la schizofrenia invece inizia spesso
durante la pubertà). Se il disturbo bipolare viene diagnosticato nell'infanzia,
si rischia di etichettare come malati bambini semplicemente difficili'. Un
generale abbassamento delle soglie diagnostiche è pericoloso: 'Come già Allen
Frances aveva amaramente fatto notare, il Dsm-IV, di cui aveva guidato la task
force, aveva fatto salire alle stelle i dati epidemiologici di diverse
malattie. Il disturbo bipolare nell'infanzia e nell'adolescenza era aumentato
di quaranta volte, generando una pericolosa impennata di prescrizioni
farmacologiche per bambini anche di appena tre anni, cui a volte vengono
prescritti farmaci antipsicotici, ritenuti indicati per certe forme bipolari'.
-
COSA DIRE SULLA DICOTOMIA VALIDITÀ/ATTENDIBILITÀ? 'Una diagnosi- scrive Migone
in un articolo di presentazione del Dsm-5 uscito sul numero 4 del 2013 di
Psicoterapia e Scienze Umane- può essere molto attendibile ma non valida (in
altre parole, operatori diversi possono essere d'accordo nel dare la stessa
diagnosi al medesimo paziente, indipendentemente gli uni dagli altri, anche se
è sbagliata). Dal Dsm-III in poi si è innalzata l'attendibilità, che
precedentemente era bassissima, ma ciò non ha modificato la validità delle
diagnosi, che restano semplici convenzioni. Come ha ammesso anche lo stesso
presidente dell'Associazione mondiale di Psichiatria in un recente convegno, il
Dsm-III e il Dsm-IV non sono riusciti a formulare quasi nessuna diagnosi
valida, ma solo a innalzare un po' l'attendibilità- conclude Migone- prova ne
è, ad esempio, la frequente alta comorbilità, cioè i pazienti possono risultare
'positivi' a più diagnosi simultaneamente, e questo è un po' il tallone
d'Achille dei Dsm'.
Notiziario Minori, 16 novembre 2015