sabato 30 ottobre 2010

BIMBI NORMOPESO?
PIU' FRUTTA E VERDURA IN GRAVIDANZA
I RISULTATI DI UNO STUDIO NEOZELANDESE

Gli alimenti a base vegetale fanno bene in tutte le fasi della vita, e possono migliorarla ancor prima che questa sia nata. Un recente studio, condotto in Nuova Zelanda da un gruppo di ricercatori dell'Universita' di Auckland, ha infatti messo in luce un'altra virtu' di frutta e verdura (quest'ultima, se a foglia verde) ovvero la capacita', se consumate dalla futura mamma nel periodo che precede il concepimento, di prevenire il rischio di basso peso alla nascita.
Per i "nati piccoli per eta' gestazionale", cioe' i neonati il cui peso non raggiunge il decimo centile, la condizione e' solitamente causata da un ritardo di crescita intrauterino (IUGR), che puo' condurre a difficolta' d'alimentazione e di crescita di recupero, tanto piu' gravi quanto piu' precoce lo IUGR nel corso della gestazione.
L'equipe neozelandese, coordinata da Lesley McCowan, ha valutato i fattori di rischio e di protezione verso tale "piccolezza", comparando gli stili di vita pre-concezionali di un gruppo di mamme, fra cui 376 avevano dato alla luce bebe' troppo piccoli.
Dal confronto fra queste mamme e quelle che avevano partorito bimbi normopeso, e' emerso che l'abitudine ad uno scarso consumo di frutta (meno di una volta a settimana) nel periodo preconcezionale accresceva del doppio il rischio di nascite con basso peso per eta' gestazionale. Al contrario, per le consumatrici quotidiane di almeno tre porzioni di frutta o vegetali a foglia verde il rischio era ridotto del 50%.
Notiziario Minori Roma 30 ottobre 2010
ALUNNI STRANIERI:
RAGAZZE HANNO PIÙ SUCCESSO DEI MASCHI
RICERCA DELL'ISMU ALLE SCUOLE SECONDARIE.

Che le donne siano piu' brave nel lavoro e tra i banchi gia' si sa. E ora arriva un'ulteriore conferma dalle scuole lombarde, dove tra gli alunni stranieri le ragazze hanno piu' successo dei loro colleghi maschi. Alle scuole secondarie di II grado, infatti, il 71,2% delle studentesse viene promossa, i maschi si fermano al 60,6%.
Una ragazza su cinque, pero', avrebbe voluto iscriversi ad un'altra scuola, ma non l'ha fatto perche' non si sentiva all'altezza e per timore di incontrare problemi di lingua. È quanto emerge dalla ricerca "Alunni stranieri nella realta' lombarda" condotta da Ismu, Comitato Equilatero e Fondazione Cariplo, che viene presentata lunedi' 25 ottobre alle ore 15 in piazza Belgioioso 1 a Milano. "Alle superiori gli anni piu' difficili sono i primi - sottolinea Giorgia Papavero, ricercatrice dell'Ismu-, solo poco meno della meta' degli scrutinati maschi e 64 alunne su 100 vengono ammessi all'anno successivo". I dati sono riferiti all'anno scolastico 2007/2008. "Sono quelli piu' recenti forniti dal Ministero dell'Istruzione e da noi rielaborati", spiega Giorgia Papavero.
Gli stranieri che sedevano tra i banchi (dalla scuola di infanzia fino alle superiori) allora erano 137.485, di cui il 47% femmine.
Le piu' brave sono nei licei con un tasso di promozione del 79,7%, che scende al 71,6% negli istituti tecnici e al 67,1% nelle scuole professionali. Stesso trend per i ragazzi, ma con percentuali piu' basse: ai licei scientifici 77,1%, agli istituti tecnici 65,1% e alle scuole professionali 62,6%.
Molti studenti stranieri hanno navigato a vista nella scelta della scuola superiore. Il 40% di loro infatti ha ricevuto pochi o nessun aiuto da parte dei genitori o degli insegnanti. Quando cio' e' avvenuto, gli insegnanti hanno suggerito per oltre due terzi dei casi un istituto professionale o tecnico. Alle ragazze viene consigliato il liceo (29%) piu' spesso che ai maschi (16%).
Alle scuole medie la situazione e' migliore, ci sono piu' promossi (circa il 90%), ma comunque le ragazzine battono i maschietti. Nei tre anni di scuola secondaria di primo grado, le alunne promosse non scendono mai sotto il 93%, i maschi si aggirano invece intorno all'88%.
Notiziario Minori Roma 30 ottobre 2010
VIDEOGAMES, I RAGAZZI S'IDENTIFICANO NEI PERSONAGGI
RICERCA: LI VOGLIONO SEMPRE PIÙ "DA ADULTI".

 Passano circa un`ora al giorno in compagnia del videogioco che "troppo spesso" ha contenuti violenti. E sognano di diventare come il loro personaggio virtuale. E` quanto emerge da una ricerca realizzata da Adiconsum in collaborazione con l'Universita' `La Sapienza` e Save the Children, cofinanziato dalla Commissione Europea. Il questionario e' stato proposto a un migliaio di ragazzi, equamente divisi tra maschi e femmine, con un`eta' media tra i dieci e i dodici anni dal Nord al Sud del Paese. Dai risultati ottenuti emerge un profilo diverso dallo stereotipo del ragazzino solo davanti a uno schermo completamente estraniata dal mondo circostante. Si gioca in compagnia degli amici e se ne parla poi a scuola o con i membri del proprio gruppetto. Nella maggior parte dei casi, infatti, i ragazzi si fermano davanti al Pc o alla console per un'ora al giorno, solo un terzo dalle due alle quattro ore, ma tutti preferiscono i giochi di avventura o d`azione. A preoccupare sono pero' i contenuti troppo spesso violenti. La maggior parte dei ragazzi, circa il 42%, dichiara di ammirare i personaggi dei loro videogames, per il coraggio, la forza, per le abilita'. Inoltre il 46,70% confessa di voler essere come loro. Mentre solo il 26,40% ammette di usare frasi o gesti dei propri personaggi preferiti. Analizzando i contenuti presenti nei videogiochi piu' utilizzati dai preadolescenti e' emerso un quadro particolare: la maggior parte di loro utilizza videogiochi con contenuti "troppo spesso violenti" e quindi non adatti alla loro eta'. Questo aspetto puo' non essere preoccupante se si gioca insieme a un adulto. Diverso e', si legge nella ricerca, se i ragazzi fruiscono autonomamente di contenuti non adeguati alla loro eta'.
Entra in gioco quindi l'importanza del monitoraggio dei genitori.
Papa' e mamma nella maggior parte dei casi, circa il 62%, da' dei limiti di tempo per giocare e alcuni genitori (27,1%) guidano il figlio nell`acquisto del videogioco. Per quanto riguarda l`utilizzo delle diverse piattaforme, dai dati emerge che il 46% gioca con i videogiochi del PC, mentre il 27,4% usa la play-station e X-box. Solo l'11,2% gioca con il game-boy e la PSP. Alla console e alla televisione i ragazzini di oggi preferiscono pero' l`attivita' fisica. Oltre il 54% trascorrono il proprio tempo libero, dedicandosi allo sport, poco piu' del 13% ai videogame e nell`11% dei casi davanti al piccolo schermo.
Notiziario Minori Roma 30 ottobre 2010
FIGLI E MEDIA:
PER 72% GENITORI UN RAPPORTO DIFFICILE
CELLULARI E INTERNET CONSIDERATI UN SUPPORTO,
MA NON NE CAPISCONO

Il 72% dei genitori italiani fatica a gestire la relazione dei figli con i media anche se ormai cellulari e internet vengono considerati dalla maggioranza un valido supporto per tenersi in contatto e facilitare l'apprendimento dei bambini.
È quanto emerge dalla ricerca commissionata da Terres des hommes e presentata a Milano in occasione del "Child guardian award". La ricerca sottolinea che solo una minoranza di genitori (il 18%, gli "esperti") conosce le nuove tecnologie ed e' disposto a svolgere fino infondo il proprio ruolo educativo, attraverso regole chiare e semplici, con il dialogo e con la capacita' di affiancarsi ai propri figli. All'interno del restante 72% di genitori "non esperti" e' possibile riconoscere diverse tipologie di mamme e papa' alle prese con la tecnologia. Ci sono gli "ansiosi" (35%), coscienti di essere impreparati di fronte alla continua evoluzione tecnologica e che si rifugiano in divieti che pero', spesso, non riescono a motivare ne' a imporre. Poi ci sono i "compiaciuti" (26%) che si dimostrano orgogliosi del fatto che i figli sappiano utilizzare bene i nuovi media e considerano l'esposizione massiccia agli stimoli dei diversi apparecchi elettronici semplicemente come segno di intelligenza e autonomia. E non appare intenzionato a mettere freni alla dieta mediatica dei figli. Chiudono la classifica i "permissivi" (21%) che lasciano ai media il compito di balia.
Per quanto riguarda l'utilizzo dei nuovi media, i bambini sono sempre piu' precoci. Il 40% inizia a navigare su internet prima dei 10 anni e l'utilizzo dei social network (Facebook in testa) e' sempre piu' precoce: il 16% si e' iscritto addirittura prima dei 10 anni (l'eta' minima per farlo e' 13 anni). Sempre importante l'utilizzo del cellulare: il 78% ne ha uno di proprieta' e, fino ai 10 anni, spende fino a 5 euro al mese.
La relazione con i media pero' dipende dall'eta'. I bambini della fascia 8-10 anni prediligono mezzi "individuali" come videogiochi e la tv (il 72% dei figli tende a decidere in autonomia cosa guardare) mentre nella fascia 11-13 anni amano i mezzi che favoriscono la socializzazione. Come cellulari e social network.
La terza edizione del "Child guardian award" ha premiato le campagne tv di Banca Intesa - San Paolo e Moby, le campagne stampa e di affissione Nikon e Lufthansa e quelle di Dove, Mellin- Milupa e Nestle' nella categoria "web/altri mezzi". Sono state premiate per aver saputo offrire l'immagine piu' corretta dei bambini, coniugando il rispetto dei diritti dell'infanzia con un linguaggio comunicativo efficace.
Notiziario Minori Roma 30 ottobre 2010

venerdì 22 ottobre 2010

ALLARME IN AUTO: 6 SU 10 VIAGGIANO SENZA SICUREZZA
CAMPAGNA 'BIMBISICURAMENTE': SEGGIOLINO DIMENTICATO. MALE NAPOLI

In Italia, oltre 6 bambini su 10 viaggiano in auto senza alcun sistema di sicurezza. E' quanto emerge grazie a BimbiSicuramente, la campagna di sensibilizzazione sulla sicurezza dei bambini in auto promossa da Fiat e Acif (Associazione concessionari Fiat), con il patrocinio del ministero della Gioventu', giunta al suo terzo anno, che ha condotto un'indagine esplorativa sul territorio nazionale sull'uso del seggiolino in automobile. I dati sono allarmanti.
Attraverso centinaia di rilevazioni, viene fuori una situazione davvero inammissibile. Il 62,6% dei bambini viaggia in auto senza alcun sistema di sicurezza. Questo significa che solo il 37,4% dei genitori protegge i propri bambini mediante l'uso degli appositi seggiolini, i restanti non hanno a bordo il seggiolino o usa erroneamente la cintura di sicurezza dell'auto anche per i bambini sotto i 150 cm di altezza.Inoltre, e' stato osservato che il 32% circa dei conducenti non indossa la cintura di sicurezza. E circa il 50% dei conducenti che indossa la cintura non pensa alla sicurezza dei bimbi. Un dato che la dice lunga sulla consapevolezza che le famiglie hanno dei rischi a cui espongo i loro bambini durante il trasporto in auto. I dati sono stati rilevati in citta' 7 citta' campione (Bologna, Mestre, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino, per un totale di oltre 600 osservazioni) dagli osservatori di BimbiSicuramente che si sono posizionati davanti a scuole primarie e dell'infanzia per monitorare il comportamento dei genitori nei confronti dei figli trasportati in auto. Napoli in testa a questa classifica negativa, facendo registrare un 82,8% di bambini a rischio. I dati raccolti sono comunque incoraggianti, visto che il risultato e' migliore rispetto alla stessa rilevazione fatta nel 2009 (le citta' coinvolte erano 4), e questo, spiegano i responsabili della campagna, "grazie anche a BimbiSicuramente, che attraverso la campagna stampa ed il coinvolgimento fondamentale dei media, cerca di far parlare di questa tematica, in modo consapevole e responsabile". Allarmanti, o meglio disarmanti, le risposte raccolte dai "trasgressori" sul perche' non allacciano in propri figli agli appositi seggiolini: "Sono solo pochi minuti di viaggio"; "Non ho ancora acquistato il seggiolino"; "Ci vuole molto tempo per mettere il bambino nel seggiolino e non lo sopporta"; "Uso la cintura dell'auto perche' e' piu' comoda"; "In auto preferisco portare mio figlio in braccio". Tutte queste risposta fanno comprendere quanto ancora ci sia da lavorare in termini di sensibilizzazione e coinvolgimento delle famiglie stesse sul corretto utilizzo dell'automobile. Dati allarmanti che confermano le statistiche nazionali, secondo le quali gli incidenti stradali sono la prima causa di morte per i bambini dai 5 ai 14 anni. Gli ultimi dati (Aci-Istat 2009) dimostrano che la situazione e' drammatica: oltre 10.000 bambini all'anno sono coinvolti in incidenti stradali, praticamente 30 al giorno, e ogni tre giorni muore un bambino in auto.
Notiziario Minori 22 ottobre 2010
VIVERE IN COMUNITA': LA PAROLA AI RAGAZZI
A PADOVA I RISULTATI DEL PROGETTO CHE HA COINVOLTO 150 GIOVANI

Smettere di parlare dei ragazzi, facendo parlare loro per se' stessi: questo l'obiettivo del progetto "Vivere in comunita'" che ha favorito, nell'ultimo anno, il confronto tra 150 giovani temporaneamente ospitati in 41 comunita' venete, consentendo loro di prendere la parola e diventare protagonisti. Il risultato e' una pubblicazione, presentata questa mattina a Padova, nella quale sono raccolti i primi esiti di un lavoro pilota di riflessione che ha visto un team di facilitatori lavorare al fianco dei ragazzi, tutti di eta' compresa tra gli 11 e i 18 anni.
L'iniziativa, durata un anno, si proponeva di incentivare la narrazione di alcune esperienze, il racconto di aneddoti, emozioni, paure dei ragazzi e delle ragazze, dando loro, in generale, la possibilita' di esprimere il loro punto di vista sulle accoglienze e sulla loro esperienza di adolescenti. La prima fase del progetto si e' svolta nelle singole comunita' coinvolte: al racconto si e' affiancato un "gioco post-it", attraverso il quale i partecipanti hanno scritto o disegnato su un biglietto alcune parole chiave connesse alla propria esperienza. La fase 2 ha coinvolto due "portavoce" di ogni comunita' che hanno rappresentato i coetanei in eventi interprovinciali. Infine, il progetto e' culminato con la giornata del 23 gennaio scorso, nella prestigiosa sede del Palazzo del Bo all'Universita' di Padova.
"Con questo progetto - spiega il pubblico tutore dei minori del Veneto, Lucio Strumendo - abbiamo voluto interpellare direttamente i giovani per avviare una riflessione su come costruire processi reali, e non solo retorici, di partecipazione.
Ci interessava, in particolare, capire le opinioni dei ragazzi anche sul contesto in cui vivono". Soddisfatto anche Valerio Belotti, coordinatore del progetto e docente di Sociologia all'Universita' di Padova: "Si e' raccolto via via nei diversi incontri un interesse e un entusiasmo inaspettati da parte dei giovani. Questo soprattutto perche' si sono sentiti partecipanti costruttivi di un progetto universitario e della regione".
Ora che il progetto pilota e' arrivato alla fine, i promotori insistono sulla necessita' che gli venga data continuita', ma su questo aspetto non sono poche le preoccupazioni. Come spiega Belotti, "nonostante le rassicurazioni pubbliche delle autorita' regionali, il cambiamento di legislatura non ha permesso di dare continuita' a questa azione e attualmente si stanno cercando risorse anche in altre direzioni per proseguire il cammino intrapreso e onorare gli impegni presi con i partecipanti". E Strumendo conclude: "Ovviamente le difficolta' economiche di questo periodo rendono difficile continuare a promuovere iniziative di questo tipo". Il progetto e' stato realizzato dall'Ufficio del Pubblico Tutore dei minori, dalla direzione regionale Servizi Sociali, dall'Osservatorio regionale per le Nuove generazioni e la famiglia e dai coordinamenti degli enti gestori di comunita' della regione (Cnca, Cncm, Papa Giovanni XXIII).
Notiziario Minori 22 ottobre 2010
L'ALLERGIA NASCE IN CAMERA DA LETTO?
STUDIO SVEDESE PUBBLICATO SU 'PLOS ONE'

Alcuni composti chimici presenti nelle pareti o nei mobili delle camere da letto potrebbero favorire asma e riniti allergiche nei bambini. A rivelarlo e' una ricerca pubblicata sulla rivista medica 'PLoS One', secondo cui queste sostanze accrescerebbero il rischio di disturbi allergici nei piccoli fino al 180%.
Le sostanze chimiche sotto accusa sono i cosiddetti PEG (acronimo di polietilenglicoli), che includono il glicole polietilenico e il glicole etilenico. Si tratta di composti chimici usati come solventi nelle vernici e presenti anche in alcuni detergenti per la casa. "Lo studio ha dimostrato per la prima volta che la concentrazione di PEG nell'aria della camera da letto era legata a un incremento del rischio di asma, rinite ed eczema nei bambini", spiega l'autore dello studio Carl-Gustaf Bornehag della Karlstad University, in Svezia.
Nella ricerca, 198 bambini in eta' prescolare affetti da asma allergico o altre forme di allergia sono stati messi a confronto con 202 bambini perfettamente sani. I ricercatori hanno prelevato dei campioni di aria dalle camere da letto dei piccoli, analizzando l'eventuale presenza e la concentrazione di 8 diversi composti volatili, tra cui i PEG.
" L'incremento del rischio (di allergie) variava tra il 50 e il 180% - sostiene Bornehag. - E' risultato inoltre che una concentrazione piu' elevata di PEG nell'ambiente interno era associata alla presenza di anticorpi IgE contro gli allergeni del gatto, del cane e della polvere nei bambini". Questi composti nell'aria, quindi, potrebbero favorire diverse forme di reazione allergica nei bambini, non esclusivamente nei confronti di queste sostanze.
Il consiglio dei ricercatori e' quello di prestare attenzione ai detergenti che si usano nelle camere da letto, nonche' al tipo di vernice usato nell'imbiancatura: "Le nostre analisi -spiegano - hanno rivelato che l'uso di vernici idrosolubili nelle abitazioni, cosi' come i detergenti, e' associato a una concentrazione piu' elevata di PEG nell'aria."
Notiziario Minori 22 ottobre 2010
CITTÀ SENZA SPAZI, E I BAMBINI STANNO DAVANTI ALLA TV
SIP: "L'80% NON GIOCA PIÙ FUORI DI CASA"

Le citta' sono sempre meno a misura di bambino. Ne e' convinta la Sip, la Societa' italiana pediatri, in questi giorni in congresso nazionale a Roma (fino a sabato).
Secondo la Sip, infatti, "l'80% non gioca piu' fuori, scompare il tempo libero".
"Le citta' italiane- emerge ancora dal congresso- e specialmente le buone citta', fanno molto per i bambini: dedicano all'infanzia notevoli risorse economiche e umane, ma non rispondono alle esigenze delle bambine e dei bambini. La citta' prepara per i bambini spazi separati e specializzati come giardinetti, ludoteche, parchi tematici e tutte le proposte educative. Sempre spazi protetti e vigilati da adulti. La scuola occupa buona parte del tempo quotidiano con le ore di classe e con i compiti per casa. La famiglia impegna il tempo rimanente 'regalando' ai figli le scuole pomeridiane di sport, di lingua o di attivita' creative (ma sempre scuole). Il tempo che rimane viene trascorso davanti ad uno schermo". In altre parole nelle nostre citta' sta scomparendo il tempo libero e il gioco spontaneo, i bambini non si vedono piu' per strada. L'80% di essi non gioca piu' all'aria aperta. Ecco perche' occorre ripensare la politica delle citta', restituire ai bambini l.uso della citta' come spazio pubblico".
Notiziario Minori 22 ottobre 2010
INTERNET: IL 12% DEI RAGAZZI NE RESTA TURBATO
RICERCA "EU KIDS ONLINE". IL WEB PUÒ NASCONDERE INSIDIE

Il 12% dei ragazzi italiani dai 9 ai 16 anni dichiara di essere rimasto turbato o infastidito da qualcosa visto in internet, ma in due casi su tre i genitori non lo sanno. È quanto emerge dalla ricerca "Eu kids online", promossa dalla London school of economics di Londra, che ha coinvolto 23.000 ragazzi in 25 Paesi europei e consultabile da oggi su www.eukidsonline.net. Per l'Italia, lo studio e' stato condotto dall'Osservatorio sulla comunicazione dell'Universita' Cattolica di Milano.
Il web puo' nascondere insidie. Il 29% dei ragazzi europei intervistati, dichiara di essere entrato in contatto con persone sconosciute, ma in Italia sono un po' meno: e' capitato all'11% di chi usa social network, al 17% di chi gioca on line, al 6% di chi usa mail. C'e' chi poi si spinge anche ad incontrare lo sconosciuto: e' capitato all'8% dei ragazzi europei e al 3% degli italiani. Anche di questo spesso i genitori sono all'oscuro: ben il 61% non sa nulla.
Sonia Livingstone, fra le autrici del rapporto, e docente di Media e comunicazione alla London school of economics, commenta: "I ragazzi comincino a usare internet sempre prima e lo usino sempre piu' spesso. Internet e' ormai parte integrante della vita dei giovani in tutti i paesi europei, e i ragazzi svolgono molte attivita' online, spesso vantaggiose come l'uso di internet per i compiti, per guardare video e comunicare con gli amici nei servizi di messaggistica istantanea. È importante bilanciare i rischi con le numerose opportunita' della rete".
Un capitolo della ricerca e' dedicato ai contenuti pericolosi delle pagine web: un ragazzo italiano su 10 ha visto pagine che incitano alla violenza (12% in Europa), mentre il 7,5% e' finito su siti che inneggiano all'anoressia, il 6% al consumo di stupefacenti e il 2,5% al suicidio. Nella rete i ragazzi si imbattono anche in immagini pornografiche: e' successo al 7% degli italiani (14% tra gli europei) e un terzo ha riferito di esserne rimasto infastidito. Circa la meta' di loro ne ha parlato con un amico e il 18% con i genitori. Il bullismo on line non e' ancora diffuso. Solo il 2% degli italiani (il 5% in Europa) dice di aver ricevuto messaggi offensivi e il 3% ammette invece di averne inviati.
Notiziario Minori 22 ottobre 2010
NEI GIOVANI AUMENTANO MALATTIE RESPIRATORIE E ASMA
PNEUMOLOGI: "TRA LE CAUSE, INQUINAMENTO E FUMO"

Malattie respiratorie e soprattutto asma in aumento nei giovani. Secondo gli esperti riuniti a Milano per il XI Congresso nazionale della Societa' italiana di pneumologia, la causa sarebbe da ricercare nei cambiamenti ambientali, nell'inquinamento cittadino, nella cattiva alimentazione e nel fumo di sigaretta, attivo e passivo L'asma e' una patologia infiammatoria cronica delle vie aeree caratterizzata da sintomi respiratori ricorrenti quali respiro sibilante, costrizione del torace e tosse. I sintomi variano nel tempo e differiscono da un individuo all'altro in frequenza di comparsa e gravita'. Nei casi estremi le vie aeree raggiungono un tale livello di infiammazione e ostruzione da rendere molto difficile il respiro, con ovvie limitazioni fisiche e pericolo per la salute.
L'asma colpisce in Italia circa tre milioni di persone ed e' responsabile di piu' di mille decessi all'anno. Molto preoccupante risulta l'aumento di prevalenza di questa malattia tra i bambini, che si attesta intorno al 10% contro il 5,3% nella popolazione adulta.
Notiziario Minori 22 ottobre 2010
DUE FIGLI SU DIECI "VIDEOGIOCANO" CON I GENITORI
IL 56,5% DEI RAGAZZI USA GIOCHI DEDICATI AI PIÙ GRANDI

In Italia si videogioca in 7 famiglie su 10 e quasi 2 ragazzi su 10 usano i videogames insieme ai genitori, soprattutto le femmine. E' quanto emerge dall'indagine Aesvi (Associazione editori software videoludico italiana) realizzata in collaborazione con l'Ispo e presentata a Roma insieme ad una ricerca condotta dall'Adiconsum e dalla Sapienza.
Secondo i dati citati, il 20% dei genitori (40% se questi hanno 25-34 anni) gioca con i figli.
I ragazzini preferiscono i videogiochi di sport, mentre l'avventura e' femmina. Le ragazze si stufano prima, i maschietti si fanno prendere di piu' la mano. La media di gioco e' un'ora al giorno. Anche se il 7% dei ragazzi supera le due ore. I genitori piu' apprensivi temono soprattutto l'impatto fisico e emotivo dei videogiochi. Ma l'81% pensa che aiutino i figli a migliorare le loro competenze tecnologiche. Dalle ricerche risulta che il 56,5% dei ragazzini ha giocato con prodotti dedicati ai piu' grandi.
Forse anche perche' meno del 30% dei genitori conosce la classificazione Pegi che specifica i prodotti per eta'.
"Dobbiamo lavorare, infatti- spiega Gaetano Ruvolo, presidenti Aesvi- per diffondere la conoscenza del Pegi. Grazie anche all'Adiconsum daremo vita ad una campagna nelle scuole che punta anche a formare i docenti. Abbiamo anche fatto un protocollo con il ministero dell'istruzione per l'utilizzo dei videogiochi a scuola per la didattica". Nella campagna informativa saranno coinvolti mille ragazzi tra novembre e aprile. Ci sara' anche un concorso per produrre un videomessaggio sul Pegi.
Notiziario Minori 22 ottobre 2010
I BAMBINI CREDONO AGLI ADULTI: È NATURALE...
RICERCA USA SCOPRE CHE I PIU' PICCOLI ACCETTANO QUALSIASI BUGIA

L'ingenuita' dei bambini? Una condizione connaturata all'eta'. Molti genitori probabilmente sono consapevoli che i loro figli credono a tutto e ne approfittano. Secondo quanto emerso da uno studio, i bambini in eta' prescolare hanno infatti una fiducia totale nei confronti degli adulti e tendono a credere alle loro parole anche quando queste ultime entrano in conflitto con cio' che osservano con i propri occhi. A dimostrare la veridicita' dell'ipotesi e' una ricerca dell'Universita' della Virginia, negli Stati Uniti, pubblicata sulla rivista 'Psychological Science'. I ricercatori hanno sottoposto un gruppo di bambini a un curioso esperimento, mostrando loro due tazze, una gialla e una rossa. Gli psicologi hanno poi nascosto un adesivo sotto una delle tazze, chiedendo ai bambini di indicare la tazza giusta e offrendo come premio proprio l'adesivo.
Un gruppo di bambini vedeva un adulto nascondere una freccia sotto la tazza gialla senza dire nulla, mentre ad altri bambini veniva detto che la tazza giusta era quella gialla. In entrambi i casi, la tazza da scegliere era quella rossa, ma mentre nel primo caso tutti i bambini indicavano correttamente quella rossa, nel secondo caso le parole dell'adulto influenzavano la maggior parte dei bambini, costringendoli all'errore. Su 16 bambini, 9 non hanno mai risposto correttamente quando l'adulto interveniva parlandogli.
Cio' dimostra in maniera evidente che i piu' piccoli tendono a credere piu' alle parole dell'adulto che a cio' che vedono.
L'autore dello studio, Vikram Jaswal, spiega: "I bambini hanno sviluppato una specifica inclinazione a credere a cio' che gli viene detto. E' una sorta di scorciatoia per trattenerli dal valutare cio' che la gente dice. Cio' puo' essere utile perche' nella maggior parte dei casi i genitori o chi si prende cura di loro dicono al bambino cose a cui deve effettivamente credere".
Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell'eta' evolutiva e direttore dell'Istituto di Ortofonologia di Roma, plaude all'esperimento definendolo "importante", perche' "fa capire quanto i messaggi degli adulti possano influenzare i bambini". "I bambini- spiega- seguono l'adulto e piu' che credere a cio' che dicono, danno fiducia a quello che dicono per il timore di contraddirli".
Notiziario Minori 22 ottobre 2010

venerdì 15 ottobre 2010

ARRIVA L'INFLUENZA, 20MILA BAMBINI A RISCHIO
LA CAMPAGNA DI VACCINAZIONE È GIÀ PARTITA.

Saranno 20mila i bambini a rischio per la nuova epidemia di influenza. Per loro e' necessario il vaccino. Sono tutti quei casi di bimbi che hanno malattie croniche come cardiopatie, malattie renali, asma, fibrosi cistica, tumori e malattie ematologiche. Per tutti gli altri, deve decidere caso per caso il medico. Dai primi di ottobre il ministero della salute ha fatto partire la campagna di vaccinazione. Il vaccino protegge da tre ceppi di influenza, tra cui anche quello pandemico che lo scorso anno ha causato l'epidemia di influenza A. Normalmente meno del dieci per cento dei bambini viene sottoposto a vaccino. . Tra i sei mesi e i cinque anni i pediatri consigliano comunque di vaccinare i piccoli che vanno al nido e alla materna.
Notiziario Minori, Roma, 15 ottobre 2010
"LAVARSI LE MANI POTREBBE SALVARE MILIONI DI BAMBINI"
UNICEF: 'EFFICACE CONTRO DIFFUSIONE MALATTIE'.
GIORNATA MONDIALE

"Ogni anno le malattie diarroiche e le infezioni respiratorie acute sono responsabili della morte di oltre 3,5 milioni di bambini sotto i cinque anni".
Lo ricorda il presidente dell'Unicef Italia, Vincenzo Spadafora.
Oggi, con l'obiettivo di promuovere la pratica dell'igiene delle mani nelle scuole e nelle comunita' e di renderla un'abitudine, si celebra la terza edizione della "Giornata mondiale per la pulizia delle mani" (Global handwashing day), da sempre sostenuta dell'Unicef. "Lavarsi le mani con acqua e sapone- continua Spadafora- specialmente in alcuni momenti critici, dopo aver usato i servizi igienici e prima di toccare gli alimenti, contribuisce a ridurre l'incidenza delle malattie diarroiche di oltre il 40% e le infezioni respiratorie acute del 23%; eppure questo semplice comportamento non viene praticato regolarmente". Per l'edizione di quest'anno - il cui tema e' "More than just a day" - almeno 200 milioni di bambini, genitori, insegnanti, celebrita', funzionari pubblici e cittadini saranno coinvolti in molte iniziative in oltre 80 paesi di tutto il mondo.

"Il lavaggio delle mani con il sapone e' uno degli interventi sanitari piu' efficaci e meno costosi per prevenire malattie infettive nei Paesi in via di sviluppo, ma e' una buona pratica da consolidare anche nei Paesi ricchi- dice ancora Spadafora- Possiamo fare molto contro le due principali malattie killer dell'infanzia: la polmonite, che uccide ogni anno 1,8 milioni di bambini sotto i 5 anni e la diarrea, che uccide 1,5 milioni di bambini".
Eppure, nonostante il suo potenziale 'salva-vita', la pratica di lavarsi le mani con il sapone non e' molto diffusa. Nonostante il sapone sia disponibile nella maggior parte delle famiglie di tutto il mondo, i dati osservati - relativi all'utilizzo del sapone in momenti critici - oscilla tra lo 0 e il 34%.
Nell'edizione dello scorso anno in India, al Nehru Stadium di Chennai, 15.115 persone si sono lavate le mani, raggiungendo il Guinness world record.
Notiziario Minori, Roma, 15 ottobre 2010
SCUOLA, 8,4% SCEGLIE LA STATALE MA SOGNA LA PRIVATA
LO STUDIO PRESENTATO AL SENATO. 

L'8,4% delle famiglie sceglie la scuola statale solo perche' non puo' permettersi la privata. E' quanto emerge da una ricerca presentata al Senato dal titolo 'La scelta delle famiglie per la scuola paritaria. Un punto di vista economico' conditta dalla professoressa Luisa Ribolzi e da Tommaso Agasisti. Lo studio ha coinvolto 728 genitori, per lo piu' mamme, e aveva lo scopo soprattutto di verificare il peso dei vincoli economici sulla scelta della scuola dei figli. La vicinanza dall'abitazione risulta essere uno dei criteri principali di scelta delle famiglie. I piu' vanno alla scuola pubblica, ma, secondo i ricercatori, esiste "una quota non piccola di genitori che ha incontrato dei vincoli economici cosi' gravi da essere vincolanti nella scelta, o meno gravi ma tali da comportare sacrifici". In totale circa una famiglia su cinque "non ha potuto scegliere davvero liberamente". Il condizionamento e' piu' pesante nelle fasce di reddito piu' basse: il 17,4% delle famiglie non puo' permettersi la scuola privata. La percentuale scende al 13,3% nel ceto medio e al 4,1% in quello alto. Ed esiste una quota di famiglie, l'8,4%, per cui la scuola pubblica non solo e' una scelta obbligata per motivi economici, ma "contrasta con le loro convinzioni". I dati sulle aspettative delle famiglie, spiega la ricerca, dimostrano che queste non sono "eccessive e che con un impiego di risorse relativamente ridotto si potrebbe garantire a una buona quota di cittadini di godere del diritto primario di scegliere l'educazione dei propri figli".

Notiziario Minori, Roma, 15 ottobre 2010
UN BAMBINO ITALIANO SU DUE HA LA TV IN CAMERA
ANCHE QUESTA TRA LE CAUSE DEL SOVRAPPESO.

I bambini di oggi appaiono, purtroppo, troppo sedentari e in sovrappeso. La loro alimentazione e' carente di frutta e verdure, e consumano molte bevande zuccherate o gassate.
Fattore che incide negativamente, poi,sulla salute dei bambini e' la tv, davanti alla quale passano molte ore della giornata.
Questo ritratto dei bambini italiani proviene dalla seconda indagine "Okkio alla Salute", promossa dal ministero e dall'Istituto superiore di sanita'.
Il 23 % dei bambini esaminati e' in sovrappeso, mentre l'11% e' obeso. Il 9% rinuncia alla colazione mentre il 30% non la fa come si dovrebbe. Il 25% non mangia quotidianamente frutta e verdura, e circa il 50% fa uso di bevande zuccherate o gassate in una giornata. Solo uno su 5 pratica sport per non piu' di un'ora a settimana.
Cio' che desta maggiore stupore e', tuttavia, che 21mila dei 42mila interpellati hanno la televisione in camera. Gli esperti affermano,percio', che i bambini andrebbero seguiti durante la visione e che si dovrebbe ridurre l'uso del computer e della tv.
Notiziario Minori, Roma, 15 ottobre 2010

martedì 12 ottobre 2010

INTERNET, MIO FIGLIO? LO METTO SU FACEBOOK
L'81% DEI BAMBINI SOTTO I DUE ANNI HA GIA' UN PROFILO DIGITALE

Caricare le foto dell'ecografia, twittare il proprio diario della gravidanza, mettere online le foto dei bambini appena nati e creare indirizzi email per i propri piccoli. Sono sempre piu' numerosi i genitori che danno un'impronta digitale ai loro figli nel momento stesso, o anche prima, della loro nascita. Lo rivela l'agenzia di sicurezza in internet AVG, un colosso che protegge circa 110 milioni di consumatori in 170 Paesi, che ha condotto uno studio nel Nord America (Usa e Canada), nell'Europa a cinque, in Giappone e Australia. L'indagine ha rivelato che l'81 % dei bambini al di sotto dei due anni ha una qualche forma di profilo o impronta digitale, con immagini scambiate online. Piu' alta la presenza in Nord America (93%) e piu' bassa in Europa (73%).
L'eta' media di comparsa su internet e' di 6 mesi, anche se un 33% del totale compare online gia' a poche settimane dalla nascita. Anzi, almeno un quarto dei bambini (il 23%) fa il suo debutto su internet attraverso la pubblicazione online dell'ecografia da parte dei genitori. Le mamme piu' abituate a questa pratica sono le americane e le canadesi (rispettivamente 34 e 37%), le piu' restie le francesi (13%) e le italiane (14%).
Ma c'e' di piu': almeno il 7% dei piccoli ha gia' un indirizzo email creato dai genitori e il 5% un profilo in un social network. Interrogate sulle ragioni di questa visibilita' online dei loro figli, piu' del 70% delle mamme ha risposto di voler condividere immagini ed esperienze con parenti e amici. La preoccupazione sul materiale reso disponibile online divide a meta' il campione: mentre le americane si dicono "poco interessate", le spagnole "molto interessate", e le canadesi "preoccupate". La ricerca AVG dimostra, inoltre, che la "data di nascita" dei bambini, in Rete viene anticipata persino rispetto al momento del parto, dal momento che la prima comparsa su internet, per molti di loro, avviene con la pubblicazione dell'ecografia. L'AVG pone, dunque, alle famiglie due riflessioni: "State creando la storia digitale di un essere umano che lo seguira' per il resto della sua vita. Con che tipo di immagine intendete iniziare con vostro figlio, e cosa ritenete che lui ne pensera' in futuro?" E ancora: "Questo trend rafforza la necessita' di aumentare i livelli di privacy nei social network. Altrimenti, la condivisione di immagini e informazioni sul bambino non saranno condivise solo con parenti e amici ma con tutto il mondo." L'Italia non si discosta molto dal trend di altri Paesi. Anche per i nostri bimbi il debutto online e' molto precoce. Il 68% delle mamme, infatti, ha pubblicato online foto dei figli minori di 2 anni (la media internazionale e' dell'81%).
Il 26% di loro, poi, ha pubblicato online foto dei figli neonati (la media internazionale e' del 33%).
L'ecografia e' stata pubblicata online dal 14% (la media internazionale e' del 23%), mentre il 7% delle mamme ha creato al proprio bebe' un indirizzo email (la media internazionale e' del 7%). Infine, il 5% delle mamme ha creato al proprio bebe' un profilo in un social network (la media internazionale e' del 5%).
Notiziario Minori, Roma 12 ottobre 2010
SOVRAPPESO E OBESITÀ: TANTE CATTIVE ABITUDINI
I DATI DEL PROGETTO PROMOSSO DAL MINISTERO DELLA SALUTE

Il 22,9% dei bambini tra gli 8 e i 9 anni di eta' in Italia e' in sovrappeso, l'11% in condizioni di obesita'; il 39,6% dei ragazzi (e il 23,5% delle ragazze) di 15 anni consumano alcol almeno una volta a settimana, quasi il 20% dei quindicenni fuma almeno una volta a settimana e il 26,17% dei ragazzi 15enni (18% delle ragazze) ha avuto almeno un rapporto sessuale completo. Sono questi, in sintesi, i dati fondamentali che emergono dalle tre ricerche svolte nell'ambito del progetto "Sistema di indagini sui rischi comportamentali in eta' 6-17 anni, promosso nel 2007 dal ministero della Salute e coordinato dall'Istituto superiore di Sanita', in collaborazione con regioni, Miur (ministero dell'Istruzione, dell'universita' e della ricerca), dell'Inran e delle universita' di Torino, Siena e Padova. Il progetto e' collegato la programma europeo "Guadagnare salute" e ai Piani di prevenzione nazionali e regionali.
Il progetto, illustrato questa mattina durante un convegno presso il ministero della Salute, e' stato suddiviso in tre filoni di attivita': "Okkio alla salute" (6-9 anni) su aspetti che riguardano alimentazione e attivita' fisica; "Zoom8", un approfondimento, coordinato da Inran, su abitudini alimentari e stile di vita dei bambini delle scuole primarie; "Hbsc", uno studio che riguarda informazioni sui fattori di rischio comportamentali tra i ragazzi di 11, 13 e 15 anni Per quanto riguarda "Okkio alla salute", i dati relativi al 2010 confermano la tendenza evidenziata nella prima raccolta del 2008, quando i bambini sovrappeso erano 23,2% del campione e quelli obesi il 12%. L'indagine del 2010, che si e' svolta tra aprile e giugno scorso, ha coinvolto 2.416 classi terza della scuola primaria, distribuite in tutte le regioni italiane, per un totale di 42.155 bambini. Questi hanno risposto a un breve questionario sulle abitudini alimentari e l'attivita' fisica e sono stati poi misurati e pesati da operatori sanitari delle Asl. Un questionario e' stato sottoposto anche ai 43.999 genitori partecipanti, in relazione a stili di vita dei propri figli alla alla propria percezione del problema.
Dai dati emerge una spiccata variabilita' interregionale, con percentuali piu' basse al Nord e piu' alte a Sud: si passa dal 15% di bambini sovrappeso e obesita' in provincia di Bolzano al 48% della Campania. Complessivamente, il numero di bambini in eccesso ponderale e' pari a 1.100.000, di cui quasi 400.000 obesi.
L'indagine ha inoltre messo in luce la grande diffusione di abitudini alimentari che non favoriscono una crescita armonica: il 9% dei bambini salta la prima colazione e il 30% fa una colazione inadeguata, il 68% fa una merenda di meta' mattina troppo abbondante, mentre il 23% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e verdura e il 48% consuma ogni giorno bevande zuccherate o gassate. Per quanto riguarda l'attivita' fisica, il 22% dei bambini pratica sport non piu' di un'ora a settimana, mentre il 38% guarda la tv o gioca con i videogiochi per 3 o piu' ore al giorno. Solo 1 bambino su 4 si reca a scuola a piedi o in bicicletta. Il problema del sovrappeso e' spesso sottovalutato dai genitori: tra le madri di bambini in eccesso ponderale o obesi, il 36% non e' consapevole del problema, mentre solo il 29% pensa che la quantita' di cibo assunta dal figlio sia eccessiva.
Anche per questo, la scuola gioca un ruolo chiave, ma le strutture sono spesso inadeguate: solo il 68% delle scuole ha una mensa, il 38% prevede la distribuzione della merenda a meta' mattinata, il 34% delle classi svolge meno di due ore di attivita' motoria a settimana e solo 1 scuola su 3 ha avviato iniziative di formazione dirette a una sana alimentazione.
Notiziario Minori, Roma 12 ottobre 2010

martedì 5 ottobre 2010

BAMBINI PIÙ INTELLIGENTI SE AMATI
LE PROVE SCIENTIFICHE DA ESPERIMENTI
SUGLI SCIMPANZÉ. 

- Tanto più amore riceve l'essere umano nei suoi primi, fondamentali anni di vita, tanto più aumenta la sua probabilità di apprendere e di diventare intelligente e mentalmente aperto. La prova scientifica arriva da un esperimento portato avanti tra gli scimpanzé, ma siccome, con questi simpatici primati, condividiamo il 99% del DNA, e' verosimile che la cosa valga, in misura ancora maggiore, per noi umani.
Il prof. Stephen Suomi, primario del laboratorio di Etologia Comparativa del National Institute of Bethesda (Maryland), studiando il comportamento delle scimmie, ha potuto rilevare come le relazioni sicure di tipo familiare, in cui l'attaccamento tra i membri del nucleo sia assoluto e non precario, influisce sull'attività cognitiva del cervello superiore.
Inoltre, le relazioni stabili a livello affettivo, sono fondamentali perché dotano gli individui della cosiddetta "resilienza", ovvero, quella capacità di resistere agli stress ambientali senza subire un tracollo psico-emotivo. Evidentemente, quanto più il piccolo si sente al sicuro nel nido familiare, protetto e amato, tanto più sarà disponibile nei confronti del mondo circostante, curioso di ciò che non conosce, disposto a concentrare tutte le sue energie per imparare e approfondire.
Viceversa, un bimbo non amato, o che tale si senta, svilupperebbe una disfunzione nel gene della serotonina, manifestando, quindi, tendenza alla depressione e alla chiusura.
Questione di biochimica cerebrale, di cui, tra l'altro, si parlerà in questi giorni, ad un convegno presso l'Università La Sapienza di Roma, intitolato " Evoluzione, emozione, linguaggio, coscienza".
Notiziario Minori Roma, 5 ottobre 2010
AI BIMBI MODERNI SCOPPIA LA TESTA:
COLPA DELLO STRESS
AUMENTAI I CASI DI CEFALEA PEDIATRICA 

- Bimbi stressati e come i grandi: tutti con un gran mal di testa. Dagli anni '80 i casi pediatrici di cefalea sono aumentati di oltre il 60 per cento. E' il disturbo piu' frequente tra i giovanissimi: affligge il 30 per cento circa dei bambini e adolescenti italiani e nell'80 per cento dei casi le cause scatenanti sono emotive. Fra le ragioni, l'introduzione del tempo pieno nella scuola, l'aumento delle madri lavoratrici che trascorrono quindi meno tempo con i propri figli e l'incremento delle separazioni. Oltre alla cosiddetta cefalea muscolo-tensiva (mal di testa a casco), i bimbi possono soffrire anche di emicrania, con attacchi fin dall'eta' di 1-2 anni.
Prima della puberta' i piu' vulnerabili sono i maschi, dopo le piu' colpite sono le femmine per ragioni ormonali.

Notiziario Minori Roma, 5 ottobre 2010

venerdì 1 ottobre 2010

ISTAT: OLTRE 9 MILIONI FUORI DALL'ISTRUZIONE
OLTRE 2 MILIONI HANNO UN'ETÀ TRA I 15 E I 24 ANNI.

 - Oltre 9 milioni di giovani, eta' compresa tra i 15 e i 34 anni, nel secondo trimestre del 2009 erano fuori dall'istruzione. Lo afferma l'Istat. Per la precisione 9.320.000.
In particolare, 2.205.000 unita' (23,7% del totale) presentano un'eta' compresa tra 15 e 24 anni, 7.115.000 (76,3% del totale) fanno parte del gruppo dei 25-34enni.
I giovani fino a 24 anni, in maggioranza uomini, sono in possesso al piu' della licenza media nel 43% dei casi e del diploma, soprattutto con indirizzo tecnico-professionale, nel 53%. Quelli tra i 25 e i 34 anni, equidistribuiti per genere, sono in prevalenza diplomati, ma vantano comunque, in circa un quinto dei casi, un titolo di studio terziario (laurea o specializzazione). Tra i 15-34enni non piu' in istruzione quattro giovani uomini ogni dieci hanno al piu' la licenza di scuola media inferiore e circa uno ogni dieci ha un titolo di studio elevato; tra le donne tre ogni dieci hanno un basso livello di istruzione, mentre quasi il 20% del totale possiede una laurea.
Il maggiore livello d'istruzione delle giovani donne e', peraltro, un fenomeno diffuso sull'insieme del territorio nazionale.
Nel Mezzogiorno una quota significativa di giovani si presenta nel mercato del lavoro con al piu' la licenza media; nel Centro-nord e' prevalente la quota dei giovani con il diploma di scuola secondaria superiore. Guardando al livello di istruzione dei genitori, anche per quella parte dei giovani tra i 15 e i 34 anni che non vive nella famiglia di origine, e' possibile avere traccia dell'influenza del background familiare sul livello di istruzione raggiunto dai giovani.
Appartenere ad una famiglia con i genitori che hanno un basso livello di istruzione aumenta il rischio di concludere gli studi con la licenza media e riduce la probabilita' di raggiungere un titolo universitario. Ai genitori in possesso al piu' della licenza media si associa, difatti, circa la meta' del gruppo dei giovani con il titolo di studio piu' basso e meno di uno ogni dieci con la laurea. Con almeno un genitore diplomato, il 61% dei giovani che escono dal sistema educativo hanno il diploma di scuola secondaria di secondo grado, il 23% il titolo universitario.
Nel caso in cui il background familiare sia rappresentato da almeno un genitore laureato, il conseguimento di un analogo titolo di studio interessa circa il 57% dei giovani. In generale, l'influenza del background familiare e' minore nel caso delle donne; infatti, nelle famiglie dove i genitori hanno un livello di istruzione medio-basso, la quota di donne che raggiunge la laurea e' all'incirca doppia rispetto a quella degli uomini (rispettivamente 16 e 8,6%).
Notiziario Minori, 1 ottobre 2010
SÌ ALLA LEGGE SULLA DISLESSIA: SCUOLA IN CAMPO
PREVISTE DIDATTICA AD HOC E FORMAZIONE DEI PROFESSORI

- Il Parlamento ha detto il si' definitivo alla legge sui disturbi specifici dell'apprendimento. Ovvero dislessia, discalculia e disgrafia.
Fino ad oggi le scuole non erano obbligate ad intervenire anche se un alunno manifestava questi problemi. Tutto era a carico dei genitori. Adesso la scuola diventa parte integrante della diagnosi e della cura di questi disturbi. Il si' finale, dopo un lungo iter, e' arrivato in commissione Cultura al Senato, riunita in sede deliberante. Il presidente della commissione, Guido Possa, parla di "importante modernizzazione della nostra scuola in ogni ordine e grado. A soffrire di queste difficolta' di apprendimento si stima sia in Italia non meno del 3-5% dell'intera popolazione scolastica".
La legge prevede didattica personalizzata, l'uso di strumenti compensativi (personal computer, calcolatore), nonche' facilitazioni specifiche per gli esami anche universitari e per lo studio delle lingue straniere. I genitori di alunni della scuola primaria con tali disturbi, la cui diagnosi e' riservata al Servizio sanitario nazionale, potranno usufruire di permessi di orario flessibile sul lavoro per assistere meglio i loro figli nelle attivita' scolastiche. La legge prevede infine una specifica formazione per i docenti, per il riconoscimento tempestivo di queste patologie e per l'applicazione di didattiche riabilitative.
"VITTORIA DOPO UNA LUNGA BATTAGLIA" - "Sono soddisfatta, anche come genitore, perche' questa legge riconosce finalmente dopo tante battaglie l'esistenza della dislessia e di altri disturbi specifici di apprendimento stimolando la scuola a individuarli precocemente e definendo i luoghi del percorso diagnostico e didattico". Rosabianca Leo, presidente dell'Associazione italiana dislessia (Aid), accoglie con gioia la notizia dell'approvazione definitiva della legge sulla dislessia, oggi al Senato. La legge, per cui sara' previsto un finanziamento di 2 milioni di euro complessivi per gli anni 2010-2011, sancisce il diritto a usufruire dei provvedimenti compensativi e dispensativi lungo tutto il percorso scolastico compresa l'universita' e assicura la preparazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici. Per le famiglie sara' inoltre garantita la possibilita' di usufruire di orari di lavoro flessibili. Inoltre, qualora non sia disponibile effettuare diagnosi presso le strutture del Servizio sanitario nazionale, la legge da' la possibilita' di effettuarle presso strutture accreditate.
"Stiamo gia' lavorando con il ministero dell'Istruzione, di cui abbiamo apprezzato la volonta' di affrontare il problema, in merito alle linee guida sulla legge. Certo e'- prosegue Leo- che siamo solo all'inizio di un percorso che dovra' essere avviato con le scuole, soprattutto sul tema della formazione dei dirigenti scolastici e le strutture del Servizio sanitario nazionale". Il testo "e' certamente un salto di qualita' rispetto al passato ma va migliorato sia sotto l'aspetto della valutazione sulla sua effettiva applicazione sia per esempio con l'inserimento di sanzioni per chi non rispetta la normativa.
Siamo consapevoli, come associazione, che le cose non si cambiano in poco tempo ma l'approvazione di oggi ci conferisce piu' forza per migliorare il testo e per tutelare meglio i diritti delle persone con disturbi di dislessia. Infine, un ringraziamento va a tutti i senatori e i deputati che in questi anni si sono impegnati per far approvare la legge. Desidero poi anche ringraziare la Fondazione Telecom Italia, partner della nostra associazione, per la collaborazione che ci ha assicurato nel portare avanti importanti iniziative di formazione, informazione e supporto agli studenti anche in assenza di questa norma.
Progetti sui quali Fondazione Telecom Italia investe 1,5 milioni di euro e che da domani potranno ulteriormente svilupparsi in tutto il Paese a sostegno dell'attivita' didattica istituzionale", chiude la presidente dell'Aid.
Notiziario Minori, 1 ottobre 2010
PSICOFARMACI,
"STOP AUTORIZZAZIONE CENTRI IPERATTIVITÀ"
DENUNCIA 'GIÙ LE MANI DAI BAMBINI',
INTERROGAZIONE UDC A FAZIO 

- Psicofarmaci troppo facili per bambini iperattivi, o presunti tali. Una pratica che punta a nascondere i rischi per i piccoli pazienti e che porta gli onorevoli dell'Udc Paola Binetti, Antonio De Poli e Nunzio Testa a depositare un'interrogazione parlamentare nella quale chiedono al ministro della Salute, Fazio, piu' controlli e l'eventuale chiusura di quei centri autorizzati al trattamento dell'Adhd (la sindrome da iperattivita' e deficit dell'attenzione) e che operano appunto senza il rispetto ferreo delle regole. I parlamentari hanno preso le mosse dalla vicenda - resa nota dalle registrazioni audio recentemente pubblicate da "Giu' le mani dai bambini", il piu' rappresentativo comitato di farmacovigilanza pediatrica in Italia - degli psicofarmaci somministrati ai bambini senza il consenso informato dei genitori, minimizzando gli effetti collaterali e promettendo "effetti eccezionali e a rischio zero". A convincerli le registrazioni delle interviste alla mamma di Napoli e alla psicologa di Milano che rispettivamente hanno contattato 'Giu' le mani dai bambini', denunciando palesi violazioni ai protocolli ministeriali di tutela dei piccoli pazienti.
"E' assolutamente vietato- afferma Binetti- l'utilizzo di queste discusse molecole psicoattive senza il consenso informato dei genitori, ai quali occorre comunicare obbligatoriamente e con la massima chiarezza tutti gli effetti collaterali potenziali.
Ciononostante, risulta che non sempre i protocolli descritti vengono applicati con il necessario rigore: in alcuni centri la prassi abituale rivela infatti la massima trascuratezza, come risulta da recenti registrazioni audio di interviste spontaneamente rilasciate dalle famiglie interessate e pubblicate on-line. Desideriamo quindi sapere quali iniziative urgenti ed immediate il ministro Fazio intende porre in essere per impedire il ripetersi di questi gravi illeciti perpetrati ai danni della salute dei bambini in cura, e se non ritenga necessario promuovere con sollecitudine iniziative per rafforzare i controlli e per sospendere le autorizzazioni a quelle strutture incapaci di tutelare il livello minimo di sicurezza per la somministrazione di queste molecole".
A seguito della denuncia di 'Giu' le mani dai bambini', l'Istituto superiore di sanita' ha sollecitamente avviato una procedura di verifica, i cui risultati non sono ancora stati resi noti. Sul punto interviene anche Luca Poma, giornalista e portavoce nazionale di Giu' le mani dai bambini: "Ci sono ancora verifiche in corso, ma le registrazioni parlano da sole. Per il caso campano, alle prime indagini risulterebbero dei fogli firmati dalla mamma di Napoli. Peccato che il consenso debba essere -per legge- 'informato': le autorita' sanitarie ritengono di aver svolto il proprio servizio di tutela facendo firmare alla famiglia un modulo in bianco in mezzo a molti altri, senza spiegare nulla, senza evidenziare i potenziali effetti collaterali, senza sottoporre alla famiglia i possibili percorsi terapeutici alternativi? Se l'idea di informazione e sensibilizzazione che hanno le strutture sul territorio e' quella di un mero adempimento burocratico, non ci siamo: qui e' un gioco la salute dei bambini".
Inoltre, prosegue Poma, "questo caso sta portando alla luce altre anomalie, centri che a detta di operatori sociali sul territorio paiono non in grado di garantire proposte alternative allo psicofarmaco per la cura dell'iperattivita', con il risultato che la scelta delle famiglie non e' affatto consapevole, ma obbligata: alle famiglie a volte viene detto 'noi possiamo garantire solo il farmaco'. Questo e' inaccettabile, il ministro deve avviare un'indagine: i cittadini devono sapere dove le terapie non farmacologiche - garantite dalla legge - sono erogate, e quali Centri invece applicano le norme del Ministero solo sulla carta. Per far questo, e' necessario anche conteggiare le ore di terapia non farmacologica erogate: l'Iss- chiude il portavoce di Giu' le mani dai bambini- deve includere questi dati nel proprio monitoraggio, e i dati devono essere resi pubblici".
Notiziario Minori, 1 ottobre 2010