sabato 19 marzo 2011

STRASBURGO: IL CROCEFISSO IN CLASSE NON 
OFFENDE NESSUNO LA CORTE DI STRASBURGO 
ASSOLVE L'ITALIA: PUÒ ESSERE ESPOSTO
La Corte di Strasburgo ha assolto l'Italia dall'accusa di violazione della liberta' religiosa di chi non e' cattolico in merito all'esposizione dei crocefissi nelle scuole, che cosi' potranno continuare ad essere liberamente esposti.
Il caso dei crocefissi in aula approdato alla Corte di Strasburgo va avanti da tempo, dall'anno scolastico 2001/2002, quello in cui i figli di Soila Lautsi, cittadina di origini finlandesi sposata con un italiano, frequentano l'istituto comprensivo "Vittorino da Feltre" ad Abano Terme (Padova). I due bambini hanno 11 e 13 anni. Nella loro scuola tutte le classi hanno il crocefisso. La mamma non e' d'accordo e ne parla con la dirigenza scolastica facendo riferimento peraltro ad una sentenza della Corte di Cassazione del 2000 che aveva stabilito che la presenza di questi simboli nelle aule e' contraria al principio di laicita' dello Stato.
A maggio del 2002 la presidenza della scuola decide comunque di lasciare i crocefissi in classe. Arriva anche una circolare che va in questa direzione del ministero dell'Istruzione guidato all'epoca da Letizia Moratti. Il 23 giugno 2002 la mamma battagliera si rivolge al Tar del Veneto. Il ministero fa ricorso. A gennaio del 2004 il Tar sottomette il caso alla Corte Costituzionale. Intanto il governo (e' in carica Berlusconi) difende i crocefissi definendoli "simboli dello Stato italiano".
Nel 2005 la Consulta spiega di non avere giurisdizione in materia, si torna al Tar, dunque che respinge il ricorso affermando che il crocifisso "e' simbolo della storia e della cultura italiana e di conseguenza dell'identita' del Paese, ed e' il simbolo dei principi di eguaglianza, liberta' e tolleranza e del secolarismo dello Stato". Nel 2006, il Consiglio di Stato ha confermato questa sentenza. Di qui il ricorso alla Corte di Strasburgo a luglio del 2006. La Corte ha invertito le precedenti sentenze italiane e stabilito anche che il governo italiano dovra' versare un risarcimento di cinquemila euro per danni morali. Ma il governo ha fatto ricorso con relativo rinvio della questione alla Grande Camera. Oggi la sentenza che assolve l'Italia.
Notiziario Minori, 19 marzo 2011